Era il 2013 quando Michele Pontecorvo Ricciardi, vicepresidente di Ferrarelle, nota azienda italiana di acque minerali fondata nel 1893, lesse sul New York Times dell’ambiziosa iniziativa di riciclaggio del sindaco Bloomberg. L’articolo fu per lui una vera e propria ispirazione, non solo perché cominciava ad avvertire la pressione dell’opinione pubblica rispetto all’impatto ambientale della plastica, ma anche perché aveva da tempo cominciato a immaginare per Ferrarelle un futuro sostenibile. Il percorso che ha portato a un’imponente iniziativa in questo senso è l’oggetto di un case study elaborato per l’Università di Bologna e Bologna Business School.
Nel 2015, Ferrarelle ha iniziato a gettare le basi per un nuovo impianto industriale a Presenzano, in Italia, per la produzione di R-PET (polietilene tereftalato riciclato), investendo 34,1 milioni di euro, di cui 25,5 milioni forniti da Invitalia, l’Agenzia nazionale per gli investimenti e lo sviluppo economico. Questo investimento ha rappresentato un cambiamento significativo nel processo produttivo di Ferrarelle: invece di acquistare bottiglie preformate da modellare nel prodotto finale, l’azienda ha iniziato a creare le proprie con materiali riciclati. Nel 2019, l’impianto è diventato pienamente operativo e nel 2020, la prima bottiglia in R-PET dell’azienda è arrivata sugli scaffali, segnando una tappa fondamentale nel percorso di sostenibilità dell’azienda. Come ha spiegato il nuovo Direttore Generale, Marco Pesaresi, ex dirigente di Coca-Cola e Unilever, la sostenibilità in Ferrarelle è diventata qualcosa che va ben oltre la responsabilità sociale d’impresa: è parte integrante della strategia aziendale, un valore da preservare e far conoscere. Ecco perché gli sforzi di sostenibilità dell’azienda non si sono limitati alla riduzione dell’impatto ambientale della propria attività. Ferrarelle ha ridefinito il proprio ruolo iniziando a comunicare come le imprese che si occupano di acque minerali non siano semplici distributori di un prodotto di largo consumo, bensì custodi di un patrimonio comune e garanti della sostenibilità delle fonti idriche per le generazioni future.
L’adozione dell’R-PET, un materiale riciclabile all’infinito, è un passo significativo verso i principi dell’economia circolare nell’industria alimentare e delle bevande. Secondo Michele Pontecorvo Ricciardi, Ferrarelle ha fatto quasi tutto per diventare più sostenibile. Tuttavia, l’aspetto del fine vita dei prodotti continuava a richiedere la massima attenzione, da cui l’investimento nell’impianto R-PET, che ha reso Ferrarelle l’unico imbottigliatore italiano di acqua minerale a trasformare internamente il PET usato in R-PET. Nonostante le sfide e gli ostacoli legislativi, l’azienda ha aumentato costantemente la percentuale di R-PET nelle proprie bottiglie e punta ad arrivare al 100% entro il 2025, nel contesto di un mercato decisamente in crescita.
Il mercato globale del R-PET, infatti, è stato stimato 9,13 miliardi di dollari nel 2021 e si prevede che crescerà a un tasso annuale composto (CAGR) del 6,7% dal 2021 al 2028. Questa crescita sarà trainata principalmente dal passaggio dei consumatori ad abitudini più sostenibili, oltre che dalla volontà dei legislatori, impegnati a perseguire la “politica della tripla R”: ridurre, riciclare e riutilizzare. L’Italia consente alle aziende del comparto alimentare di utilizzare materiali riciclati al 100% dal 2019. Nello stesso anno, il Parlamento europeo ha emanato una direttiva per vietare l’adozione di “plastiche monouso come piatti, posate, cannucce e bastoncini cotonati, tutti prodotti che non sono progettati per essere riutilizzati o riciclati in modo economico”. Eppure, in Italia solo il 6% degli imballaggi alimentari è completamente riciclabile. Parte dell’impegno di Ferrarelle è condiviso con altre aziende del comparto, che sono organizzate in un consorzio (CORIPET) che supporta la gestione del ciclo di vita degli imballaggi in PET e fornisce compattatori che emettono buoni o sconti in cambio di rifiuti per promuovere un modello di consumo e riciclo più sostenibile.
Lo sforzo comune delle imprese private, insieme alla consapevolezza da parte dei consumatori, è infatti uno degli elementi chiave per qualsiasi iniziativa volta a ridurre l’impatto aziendale dei prodotti di largo consumo. Se la spinta alla sostenibilità di Ferrarelle ha aperto nuove opportunità commerciali, distinguendola dai concorrenti, è anche vero che sono in pochi a puntare su questi temi in comunicazione, preferendo focalizzarsi su driver di acquisto tanto più tradizionali quanto più efficaci, come le caratteristiche o il prezzo del prodotto. Parte di questa inerzia a livello industriale è dovuta alla difficoltà di raggiungere dei guadagni finanziari nonostante le potenziali ricadute positive in termini di reputazione.
La scelta di puntare su materiali più sostenibili conferma la visione del vicepresidente e dell’intera azienda di puntare sulla sostenibilità come progetto complesso e integrato, che parte da un modello di business in grado di far incontrare le strategie di marketing e di vendita con la responsabilità sociale. Questo impegno ha portato Ferrarelle a diventare una B-Corporation certificata, dunque strumento di cambiamento sociale e ambientale positivo. Ecco perché gli obiettivi futuri includono la volontà di eliminare più plastica di quella che viene prodotta per, “un mondo a impatto -1”, che è diventato anche lo slogan alla base della filosofia del brand.
Mentre Ferrarelle guarda al futuro, la sfida nel presente consiste nel cambiare la mentalità dei consumatori. Nonostante la sostenibilità sia diventata un tema sempre più diffuso, molti consumatori continuano a basare le proprie decisioni di acquisto sulle promozioni piuttosto che sull’impatto ambientale del prodotto. La vera vittoria arriverà quando i consumatori inizieranno a considerare la sostenibilità come un fattore cruciale nel comportamento d’acquisto, assicurando un futuro realmente sostenibile all’industria delle acque minerali e non solo.