Innovare è oggi una delle parole d’ordine del mercato globale.
Diversi modelli di innovazione aziendale sono stati sperimentati negli ultimi anni, sempre basati sullo scambio interno di informazioni, ogni compagnia al lavoro per se stessa.
Ma un altro modo di innovare viene oggi riconosciuto come il più efficace: l’innovazione aperta, o collaborativa.
Cos’è l’open innovation?
Per open innovation intendiamo un paradigma di innovazione che incoraggia le aziende a utilizzare idee esterne e a condividere con altri conoscenze interne per sviluppare nuovi prodotti, servizi e soluzioni. In altre parole, le aziende non si limitano più a fare ricerca e sviluppo solo al loro interno, ma cercano attivamente collaborazioni con altre imprese, università, startup, organizzazioni di ricerca e anche consumatori. Una rete più ampia di riprese e competenze accelera il processo innovativo.
Idee e progetti non sono confinati in un singolo ente, ma si aprono a un flusso continuo di conoscenza e di scambio di esperienze: le aziende riescono così ad acquisire tecnologie e sviluppare innovazioni che potrebbero non essere possibili nell’isolamento organizzativo.
Chi ha coniato la definizione “open innovation”?
Il professore di management Henry Chesbrough nel 2003 ha pubblicato un volume intitolato Open Innovation: The New Imperative for Creating and Profiting from Technology[1]. Chesbrough, professore alla Berkeley University of California, ha teorizzato l’apertura dei confini delle aziende allo scopo di cercare idee, tecnologie e soluzioni, per favorire un flusso più dinamico e più rapido di innovazioni, per creare un ecosistema di partner esterni, comprese altre aziende, università e startup.
Quali sono i più diffusi modelli di innovazione?
Nel campo dell’Open Innovation, si distinguono diversi modelli, ognuno con caratteristiche e applicazione differenti. Questi sono divisi principalmente in due categorie: innovazione inbound (entrante) e innovazione outbound (uscente). Innovazione inbound: questo modello si verifica quando un’azienda acquisisce idee, tecnologie o conoscenze dall’esterno, al di fuori della propria organizzazione, tramite collaborazioni con altre aziende, partnership con università o l’acquisto di tecnologie innovative.
Innovazione outbound: le aziende condividono o cedono le proprie innovazioni e tecnologie ad altre realtà, rilasciano una tecnologia a una startup, vendono brevetti a un’altra azienda o condividono soluzioni tecniche per ottenere ricompense economiche o altre forme di vantaggi. L’innovazione outbound è un modo per monetizzare le tecnologie sviluppate internamente.
Innovazione collaborativa: un altro modello di innovazione che si inserisce nell’Open Innovation è quella collaborativa, che implica lavorare con altre aziende e organizzazioni per creare nuove soluzioni. In questo caso, le parti collaborano su un progetto condiviso, unendo le proprie risorse e competenze. Questo tipo di approccio è particolarmente utilizzato nel settore della ricerca scientifica, delle biotecnologie e delle tecnologie avanzate.
Innovazione disruptive: anche se non esclusivamente legata all’Open Innovation, l’innovazione disruptiva si inserisce bene nel contesto di questo modello, poiché spesso proviene da piccole aziende o startup che introducono tecnologie radicalmente nuove che cambiano il modo in cui un intero settore funziona. Le aziende che adottano l’open innovation sono più aperte a riconoscere e integrare queste innovazioni disruptive.
Quali sono le fasi dell’innovazione?
Il processo di innovazione, anche in un contesto di open innovation, è composto da diverse fasi: il primo passo consiste nel generare idee e soluzioni innovative – ideazione – che possono provenire sia dall’interno che dall’esterno dell’azienda. Questo è il momento della brainstorming, delle ricerche di mercato e della collaborazione con partner esterni. Una volta trovata un’idea promettente, questa passa alla fase di sviluppo, definizione del prototipo e relativi test.
Segue l’implementazione su larga scala, eventualmente anche attraverso nuove alleanze strategiche, quindi la diffusione e commercializzazione.
Alcuni esempi di open innovation
Procter & Gamble è uno degli esempi più noti di utilizzo dell’open innovation. Nel 2000, l’azienda lanciò il programma Connect + Develop, che permette a P&G di collaborare con università, startup e altre aziende per scoprire e sviluppare nuove tecnologie e prodotti.
Lego ha adottato l’open innovation in particolare attraverso il programma Lego Ideas, che invita i fan e i clienti a proporre nuovi set di mattoncini o idee di prodotti. Quando un’idea ottiene un certo numero di voti, Lego valuta la possibilità di produrla, riconoscendo il contributo dei creatori.
Tesla ha deciso di aprire i propri brevetti relativi alle auto elettriche per permettere a chiunque di utilizzarli e contribuire allo sviluppo della tecnologia. L’idea è che, permettendo a più aziende di accedere alle proprie innovazioni, Tesla potrà accelerare la diffusione delle auto elettriche e l’evoluzione del settore.
Opportunità professionali legate all’open innovation
Questa teoria innovativa sta creando nuove opportunità professionali: dai manager di innovazione ai responsabili di collaborazioni con startup. Tra i ruoli più richiesti dal mercato, l’Innovation Manager, responsabile della gestione e coordinamento dei processi di innovazione aperta; l’Innovation Consultant: professionista che fornisce consulenze alle aziende per implementare modelli di innovazione aperta, favorendo la creazione di partnership e l’identificazione di opportunità tecnologiche. L’Open Innovation Analyst, che studia le tendenze di innovazione e identifica potenziali collaborazioni con partner esterni, startup o centri di ricerca; il Business Development Manager: professionista che si occupa di cercare nuove opportunità di business attraverso collaborazioni esterne, gestendo l’espansione del portafoglio di innovazioni.
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L’open innovation rappresenta un cambiamento fondamentale nel modo in cui le aziende approcciano l’innovazione, promuovendo un modello più aperto e collaborativo. Le aziende che adottano questo approccio sono in grado di raccogliere idee fresche, migliorare la competitività e affrontare le sfide del mercato con maggiore agilità; una nuova tendenza che richiede professionisti capaci di guidare le aziende verso l’innovazione. Bologna Business School è la risposta più efficace e concreta a questa nuova domanda.
[1] https://books.google.it/books/about/Open_Innovation.html?id=4hTRWStFhVgC&redir_esc=y