Chi è lo specialista di innovazione oggi, come si forma e come opera in un’impresa contemporanea? Flaviano Celaschi, Direttore Scientifico dell’Executive Master in Business Innovation Design di BBS e Professore ordinario di Disegno industriale presso l’Università di Bologna, ci fornisce un punto di vista accurato sulle figure chiave della trasformazione 4.0 attualmente in atto nelle aziende.
Una visione parziale
Di quali specialisti ho bisogno? Si chiede l’imprenditore. È un problema di e-leadership, dice la letteratura economico gestionale. È un problema di scelta delle tecnologie, dicono gli ingegneri; è un problema di software e di personalizzazione dicono gli informatici, è un problema di soft skills e di resilienza delle persone interne dicono gli esperti di risorse umane; è un problema di scelta dei fornitori avverte il responsabile acquisti.
Ogni funzione tende ad osservare il fenomeno Industry 4.0 dal proprio punto di vista, come capita spesso nelle università, nelle quali il sapere è segmentato per discipline e coloro che si formano vengono “mentalizzati” a guardare i fenomeni del business attraverso lenti specifiche, frequentemente molto precise e specializzate. Si rischia di perdere di vista l’insieme e la mancanza di modelli di riferimento e la giovinezza delle poche esperienze sviluppate finora, non favoriscono la chiarezza.
Il modello del doppio mutamento in atto
Il progetto prende vita dalla costruzione di un modello della realtà produttiva attraversata dal fenomeno Industry 4.0 nel quale appare chiaro che il nuovo “campo da gioco” dell’impresa non è tanto e solo la sfida di integrazione tra manifattura e digitale (asse verticale del sistema), ma parallelamente la rottura dell’argine che ha tenuto finora separate le mentalità, i problemi e le opportunità del mondo B2B da quello B2C.
Le stesse tecnologie abilitanti che favoriscono l’integrazione tra materiale e smaterializzato portano il bene fondamentale dell’informazione in forma di dati dall’istante dell’uso finale a ritroso verso la catena produttiva fino al produttore che interpretando in tempo reale i dati e mutandoli in conoscenza ritrasforma gli stessi in valore aggiunto verso il cliente finale. Tutto ciò che sta laddove si usa il prodotto o il servizio è contemporaneamente laddove essi si producono.
Da fornitori a partner di un sistema
La rivoluzione digitale non è un fatto privato richiudibile nell’impesa contemporanea. Intorno ad essa si schiera una moltitudine di attori senza i quali nessuna impresa da sola può farcela. L’innovazione che inseguiamo è un fatto corale e dentro all’impresa si rende necessario possedere o formare e aggiornare operatori in grado di confrontarsi con essi. Quello che è molto importante avere diventa la figura interna capace di tenere testa e intepretare in chiave personalizzata e con temperanza ad un elevato numero di questi attori al contorno: sapere cosa chiedere, come filtrare l’input, come giudicare il servizio o il prodotto ottenuto, come orchestrarne le energie.
Esistono 4 lati del sistema: quello dei vendors di sistemi (per esempio: Oracle, SAP, Siemens, ABB, CISCO, etc.) spesso grandi produttori globalizzati che offrono soluzioni relativamente chiuse e standardizzate. Le centrali di consulenza direzionale e strategica (come KPMG, Accenture, etc.) che propongono pacchetti sostanziosi di giornate uomo di consulenza che deve incontrare in impresa soggetti capaci di fare proprie le conoscenze e le strategie. Esistono i produttori di componenti tecnologici e macchine (Kuka, Comau, Siemens, etc.), che forniscono l’hardware spesso sostanziale ma che deve assolutamente dialogare con l’esistente e con i tempi e i modi dell’insieme. Ci sono poi, da un altro lato del sistema i partner che possono risolvere tre problemi condizionanti: la fornitura di reti veloci, la cyber sicurezza, la privacy, certezze sena la queli ogni investimento è fondato sulla sabbia.
Esiste un ecosistema di attori che possono creare le condizioni di pratica e di connessione sufficientemente veloce e pragmatica con una quantità di elementi che non sono in alcun modo reperibili dentro l’impresa stessa: le scuole tecniche, le università, i centri di ricerca, le PP.AA., i fornitori affidabili del distretto, le banche e gli istituti di agevolazione al credito. Infine c’è il mercato nel quale svetta una ingombrante novità: oltre ai mediatori e distributori ed ai clienti tradizionali entra in gioco il cliente del cliente che serviamo, ossia diventa indispensabile spesso scavalcare il nostro cliente e andare a comprendere il livello di soddisfazione e bisogno che si trova a valle perché la dimensione e la caratteristica pigrizia o inabilità del nostro cliente potrebbe trasformarsi in Industry 4.0 in un disastro per noi.
Il design mediatore tra saperi ed interessi
Dentro all’impresa le tradizionali funzioni in cui si articola da tempo la nostra organizzazione possono oggi trovarsi in crisi di fronte al cambiamento poiché esiste un’ambivalente senso di inadeguatezza: da una parte la paura che un riassetto del prodotto e del servizio faccia perdere posizioni di controllo di una funzione sulle altre, mentre dall’altra parte può emergere che una funzione si appropri della e-leadership sottovalutando la coralità che si rende necessario attivare per reagire in modo equilibrato al cambiamento organizzativo.
Difficile comprendere l’importanza della progettazione (design) che deve essere qui intesa a due diversi livelli:
• il livello della funzione specifica da cui prendono le mosse tutte le altre funzioni dell’organizzazione, soprattutto se intendiamo sia il design di processo che di prodotto-servizio;
• il tasso di trasversalità di assorbimento di ogni funzione interna con le culture del design ed il design thinking, dimostrata dal ruolo che nuove funzioni design hanno assunto nelle prime 250 imprese globali per fatturato, moltissime delle quali sono imprese che solo 20 anni fa non esistevano.
Gli specialisti dell’innovazione esistono, e non hanno vita facile, né un ruolo interno specifico di appartenenza (economisti, gestionali, ingegneri, commerciali, etc.). Sono 3 i pilastri che compongono il difficile equilibrio della e-leadership:
• la conoscenza della potenzialità e delle caratteristiche delle tecnologie abilitanti e della loro integrazione;
• il management del cambiamento e dell’innovazione;
• la gestione ed il potenziamento del fattore umano individuale e collettivo;
• gli approcci design driven all’innovazione.
Questi specialisti si possono costruire con percorsi formativi che integrano sapere accademico e operatività manageriale del quotidiano, casi studio e testimonianze, progettazione fatta in reale e confronto. Bologna Business School propone l’Executive Master in Business Innovation Design, un percorso dedicato a manager, imprenditori e consulenti che vogliono trasformare le opportunità legate all’innovazione in obiettivi di business.