Speranza di vita, libertà, generosità, sostegno sociale e assenza di corruzione sono le variabili chiave che, abbinate al PIL, costruiscono il World Happiness Ranking, ovvero la classifica mondiale della felicità. Non più solo uno stato d’animo, ma indicatore di un benessere capace di portare sviluppo e progresso: la felicità viene utilizzata oggi da sempre più governi, aziende e istituzioni, per dare corpo alle loro decisioni politiche e manageriali. Affrontando il tema della felicità, Max Bergami, Dean di Bologna Business School e Davide Bollati, CEO di Davines, aprono il dossier Economia giusta, oltre la CSR di Repubblica-Affari & Finanza con un tavolo di discussione sul ruolo chiave dei nuovi paradigmi nello sviluppo sostenibile.
“Sono sempre stato scettico nei confronti della maggior parte delle attività di CSR, spesso poco più che operazioni di make-up, così come guardo con cautela alla giostra della sostenibilità perché non sempre trovo corrispondenza tra parole e fatti,” spiega Max Bergami. “Cambiando visione, invece, valutando le conseguenze dell’attività economica non solo in termini di valore, fino a considerare la felicità come output di una società o di un’impresa, le cose potrebbero cambiare e forse i vincoli che oggi rischiano di comprimere le performance economico-finanziarie potrebbero sembrare meno odiosi.”
Ogni anno, il World Happiness Ranking calcola l’indice di felicità di 156 paesi, valutando la loro capacità di generare benessere psicofisico per i loro cittadini. Quest’anno, la prima posizione è andata alla Finlandia, che conferma l’ormai tradizionale primato dei paesi nordici nel campo tecnologico, ambientale e sociale. L’Italia si attesta appena al 47esimo posto, in lenta ripresa dopo gli effetti della crisi economica, ma ancora lontana da quel 28esimo posto della prima classifica stilata nel 2012, anno in cui l’ONU ha istituito la Giornata mondiale della felicità.
“La ricerca della felicità affonda le radici nella filosofia classica ed è intimamente legata all’esperienza umana. Qui però è necessario un approccio alternativo per capire se questo modello, alternativo al PIL, sia declinabile anche a livello di business,” continua Bergami. “Sarebbe interessante verificare come l’impresa possa contribuire al perseguimento di questa felicità e quali siano gli ambiti di collaborazione tra impresa e individui.”
Una possibile risposta arriva da Davines, gruppo italiano operante nel Beauty che soddisfa i più alti standard di sostenibilità, e dal suo Fondatore e CEO Davide Bollati: “Dal 2016 siamo una BCorp e sono convinto che il successo di un’azienda sarà sempre più determinato dalla sua felicità.” Quest’ultima intesa, però, come risultato di un percorso virtuoso, non la happiness nella quale si inciampa quasi per caso. Le BCorp, ovvero benefit corporation, sono infatti quelle società che nell’esercizio di un’attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune. Per raggiungere questi obiettivi, è necessario partire dalle fondamenta sulle quali è costruita l’impresa. “Porto il nostro esempio,” continua Bollati. “Noi prima volevamo essere la migliore azienda nei confronti di questo o quel concorrente, mentre oggi siamo un’azienda che vuole essere la migliore per il mondo. Questo ribaltamento di prospettiva genera una serie di elementi psicologici positivi. Ora, dobbiamo porci l’obiettivo di rendere l’economia mondiale più comprensiva di elementi non economici.”
Nel mondo del lavoro, il paradigma della felicità ribalta la catena causale da ‘lavoro duro – avrò successo – sarò felice’ a ‘se sono felice – lavorerò meglio – avrò più successo’. La felicità globale passa però anche da molteplici ulteriori fattori, quali ad esempio la reindustrializzazione a basso impatto, la rigenerazione urbana, il work-life balance e la sustainability strategy roadmap. Questi ed altri temi vengono affrontati dai docenti e ricercatori dell’Università di Bologna e di atenei di altri paesi nel dossier Economia giusta, oltre la CSR, l’iniziativa di Repubblica – Affari & Finanza in collaborazione con Bologna Business School, che si sviluppa in una serie di approfondimenti dedicati alla Corporate Social Responsibility. Con uno sguardo ‘oltre’ per immaginare e declinare il nuovo ruolo degli imprenditori e delle loro aziende e proporre spunti innovativi per continuare il cammino verso un nuovo modo, sostenibile, di fare impresa.
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