L’impatto del Covid19 sull’industria culturale è stato molto forte. Addirittura devastante in quei settori dell’industria culturale che hanno a fondamento della propria pratica ed economia la presenza fisica dei fruitori. L’industria dei concerti e della musica dal vivo, il teatro, i festival e eventi culturali, gli esercizi cinematografici e, infine, i musei.
Non solo questo settore industriale, di per sé fragile anche perché basato su figure professionali spesso scarsamente garantite, ha dovuto sospendere tutte le attività nei mesi di lockdown, ma ha grandi difficoltà di ripresa in quanto le norme di distanziamento sociale riducono i potenziali fruitori a numeri talmente bassi che rendono antieconomico qualsiasi evento. Soffermiamoci sui musei.
I pubblici destinatari delle attività museali sono i turisti, i residenti, le istituzioni scolastiche e di formazione, gli artisti. L’economia di questo sistema si basa su un misto di sovvenzioni pubbliche o da parte di trust e fondazioni e di entrate commerciali che derivano dai biglietti venduti, merchandising, sponsorizzazioni, affitto spazi, attività educative e eventi.
I quattro mesi di chiusura e di mancati incassi hanno messo in crisi i bilanci dei musei. La reazione di alcuni di essi è stata la sospensione a tempo indefinito delle attività didattiche, una componente importante della mission di un museo, e il licenziamento degli operatori (85 licenziati al Museum of Modern Art di New York, 300 a quello di San Francisco).
Anche i musei che hanno riaperto senza riduzioni significative di personale stanno ridefinendo i progetti dei prossimi anni partendo dalla constatazione che le norme di sicurezza in vigore riducono il numero dei potenziali visitatori e delle attività commerciali in un contesto in cui i turisti potranno tornare ai numeri pre-Covid soltanto nel 2022.
Ciò che sta caratterizzando questo settore è qualche cosa che va però al di là dei problemi attuali di budget indotti dalla crisi pandemica: è l’identità stessa dei musei che deve ripensarsi partendo da una modifica, non necessariamente contingente, dell’offerta e della domanda. A livello di domanda si pensa che almeno per alcuni anni si assisterà a un cambiamento del mercato del turismo culturale.
Il Nuovo Turista Culturale sarà meno interessato alle mostre blockbuster, incentrate su artisti mito, basate sui grandi numeri del botteghino ottenuti attraverso campagne di comunicazione che trasformano le mostre in eventi imperdibili in cui la quantità non sempre fa rima con la qualità. Il nuovo turista culturale ricercherà una esperienza museale meno frenetica, più meditata e consapevole in grado di trasmettere autenticità e unicità. L’esperienza museale diventerà così parte integrale dell’esperienza della visita del territorio in cui il museo ha sede.
Contemporaneamente a livello di offerta, almeno per un paio di anni, le grandi mostre blockbuster non si potranno realizzare per l’incertezza del contesto globale. Per questa ragione i musei tenderanno a mettere in atto strategie di valorizzazione delle proprie collezioni permanenti. Gli oggetti contenuti nei musei devono essere considerati, in primo luogo, come portatori di un numero elevato di storie. Nei prossimi anni quindi i musei dovranno lavorare con creatività e professionalità sulle modalità di narrazione di queste storie.
Un primo livello è la narrazione che, utilizzando anche la realtà virtuale e le nuove tecnologie comunicative, viene proposta a livello digitale. L’obiettivo di questa narrazione non è proporre una esperienza sostitutiva della visita fisica del museo, ma una esperienza che ricercherà naturalmente come proprio compimento la visita al museo. I musei dovranno quindi immettere nuove professionalità di comunicatori e mediatori culturali che si pongano come interfaccia intelligente tra le opere e i visitatori, allargando anche i percorsi di visita fuori dalle mura del museo proponendo connessioni con l’intero patrimonio culturale del territorio in una rete sorprendente di percorsi attrattivi e sfidanti. Questa uscita dell’esperienza museale dalle pareti dei musei è rilevante anche per il pubblico costituito dai residenti.
Oggi i musei sono infatti considerati a livello internazionale non tanto delle sale espositive ma istituzioni che operano come hub culturali in una logica di accountability verso la società con precise forme di responsabilità sociale anche nei confronti dei residenti attraverso iniziative sul territorio che permettano il superamento della soglia culturale, sociale e economica che ancora tiene molti lontani dai musei. Si tratta di progetti inclusivi e partecipativi in un’ottica di welfare culturale che rendono i musei luoghi familiari e da abitare, più che da visitare con distacco.
Le sale dei musei devono anche diventare sempre più laboratori di attività didattiche e formative da integrare con quelle scolastiche come opportunità di crescita ulteriore per le nuove generazioni attraverso gli stimoli dell’arte. Un ultimo settore di intervento ha come destinatari gli artisti e i creativi che non hanno un riconoscimento adeguato dal mercato e che hanno sofferto molto in questi mesi. Come è avvenuto all’interno del Museo di Arte Moderna MAMbo di Bologna, è possibile offrire a questi artisti spazi collettivi di sperimentazione trasformando il museo da casa delle opere a casa degli artisti, fucina di nuove opere, incubatore di nuove progettualità.
La crisi pandemica ha quindi posto il sistema museale di fronte a scelte che avrebbe già dovuto operare da qualche anno. Una riduzione e maggiore selezione qualitativa delle grandi mostre blockbuster. Un investimento nella valorizzazione delle proprie collezioni permanenti attraverso sia modalità narrative efficaci a livello digitale e a livello degli spazi fisici sia rotazioni tra pezzi esposti e magazzini. Da questo punto di vista i musei italiani dotati di un enorme patrimonio permanente hanno un vantaggio competitivo rispetto agli altri paesi…se saranno in grado di sfruttarlo.
Una attività che sempre meno si rinchiude nelle pareti museali e sempre più si allarga al territorio, anche in un’ottica di welfare culturale. Seguendo queste indicazioni che impongono modifiche nella struttura organizzativa, nella competenza manageriale, nelle professionalità sarà possibile innovare radicalmente l’esperienza museale mantenendo un equilibrio tra il punto di vista commerciale e quello di welfare culturale.