Continua BBS Sailing Experience Talks, il ciclo di eventi che BBS ha voluto dedicare alla vela.
Con la collaborazione della BBS Alumni Association, la Scuola ha organizzato una serie di incontri riguardati il mondo velico, con i suoi valori di coesione, cooperazione e spirito di squadra. Dalla passione per le sfide alla capacità di reagire agli imprevisti in modo rapido, deciso e professionale, sono tanti gli aspetti che fanno sì che il mondo della vela si presti meglio di qualunque altro a un confronto costruttivo con docenti, studenti e manager della Community BBS.
Protagonista e ospite d’eccezione di questo terzo incontro è stato Gianfranco Bacchi che, dal 2019 allo scorso aprile è stato il 122° Capitano di vascello della Nave scuola Amerigo Vespucci, l’ormai leggendario veliero della Marina Militare Italiana varato nel 1931. Appassionatosi alla navigazione a vela durante l’adolescenza, Bacchi ha partecipato a importanti gare nazionali e internazionali su varie tipologie di imbarcazioni, mentre come comandante ha ricoperto numerosi incarichi sia in ambito operativo sia in contesto formativo: oggi è docente di Strategia navale alla Scuola Navale Militare di Venezia. Oltre a tutto questo, Bacchi è anche esperto di comunicazione, materia che ha insegnato per diversi anni sempre a Venezia. Ma non solo, Bacchi è da poco anche un autore: nel libro “Il punto più alto. Sulla rotta di un sogno al comando dell’Amerigo Vespucci” racconta la sua storia di velista e di uomo, attraverso un percorso di crescita che ispira a trovare il coraggio di allargare il proprio orizzonte, inseguendo un personale “punto più alto” che rappresenta l’autorealizzazione per eccellenza. Il punto più alto, almeno agli occhi del mondo, Bacchi lo ha raggiunto il 22 agosto 2020, entrando con le vele aperte del Vespucci nel canale navigabile di Taranto: un’operazione portata a termine, ma in uscita, solo dall’ammiraglio Straulino, nel 1965. Che però lo fece senza autorizzazione, ricevendo una nota di encomio per lo straordinario risultato e una di demerito per aver infranto le regole. Un’impresa epica, se si considera che stiamo parlando di un passaggio che, nel suo punto più stretto, è largo solo 58 metri e che l’Amerigo Vespucci è una nave a vela lunga 110 metri, alta 25 e larga quasi 16! Un’impresa resa possibile non tanto e non solo dall’audacia e dalla preparazione di un uomo straordinario, che con questa operazione ha rischiato di giocarsi per sempre la carriera, quanto da un lavoro di squadra a dir poco impeccabile portato avanti da Bacchi con impegno, coraggio e profonda dedizione.
Storia di un outsider destinato a toccare il suo punto più alto
L’aspetto forse più bello e umano di un personaggio notevole come Gianfranco Bacchi non è il fatto di predicare l’umiltà. Questo viene fatto spesso da tanti uomini di successo con la vocazione da motivatori. Ciò che colpisce di Bacchi è che a parlarci di umiltà e di rispetto, per la propria storia e per coloro che ne hanno fatto parte, sono il suo atteggiamento, il modo di porsi, il tono di voce e la capacità di mettere ogni cosa, anche i successi, in prospettiva. L’accento romagnolo conquista subito la platea e, prima ancora della sua straordinaria carriera, arriva l’immagine di un ragazzo simpatico e curioso. Un giovane allegro e appassionato di musica che non si accontenta di essere in gamba e avere un talento: vuole andare oltre e misurarsi su terreni che nessuno avrebbe mai scommesso potessero essere i suoi. L’ispirazione? Una foto su una rivista: è quella dell’Amerigo Vespucci e a pensarci oggi vengono i brividi immaginando quel ragazzo affascinato da un magnifico veliero d’epoca che riesce un giorno a diventarne il comandante. Ed è così che un giovane con il DNA “contadino”, come lo definisce lui stesso ironizzando sulle sue origini forlivesi, si ritrova in coda con i figli di ufficiali, gente che il mare lo respira dalla culla, per l’ammissione all’Accademia Navale di Livorno.
La storia di Bacchi militare di Marina, che racconta anche nel suo libro, nasce senza alcuna pressione, anzi, nasce con quella che egli stesso definisce una “de-pressione”, cioè la spinta dei parenti per convincerlo a tornare a casa, andare a studiare a Bologna e magari fare il conservatorio, che era un po’ l’aspettativa che si era creata su di lui. Eppure, la consapevolezza che se un giorno avesse voluto abbandonare la divisa, la sua decisione sarebbe stata accolta con il sorriso dai suoi famigliari, gli dà la forza di andare avanti vivendo ogni esperienza in modo positivo. Nonostante l’Accademia non fosse stata il suo primo pensiero, Bacchi si trova a suo agio. E anche se “Velista” e “Forlì” sembrano due termini antitetici, forte dei suoi “due bordi a Milano Marittima”, si candida come velista nella squadra dell’Accademia, diventando titolare grazie a un colpo di fortuna. Perché nella vita ci vuole anche quella. Non ne esce più e inizia una carriera da sportivo destinata a non finire mai, perché, spiega “quando si inizia a fare vela non si smette più”.
Una carriera fondata sul rispetto, per il mare e per le persone
La carriera di Bacchi scorre sulle onde della passione per il mare. Il contadino diventato marinaio riceve diversi incarichi e approfondisce la conoscenza dei velieri classici, ai quali si approccia come comandante del Capriccio, dopo essersi fatto le ossa sia come velista di Marina, sia come comandante di navi da guerra. Il rispetto è un tema ricorrente nei racconti di Bacchi che, guidato da un’innata curiosità, non si ferma davanti a nulla, ma affronta ogni cosa con grande consapevolezza. Un percorso un po’ fuori dall’ordinario, che viene raccontato in prima persona nel suo libro. Il sogno di comandare l’Amerigo Vespucci nasce proprio dal grande rispetto e dalla naturale soggezione nei confronti di questa nave, scoperta come allievo durante il suo primo imbarco nel porto di Le Havre. A Le Havre, nel 1989, Bacchi si rende conto che c’è una valida ragione se proprio questa nave ha il posto d’onore nelle celebrazioni per il bicentenario della Rivoluzione Francese e, superata anche la paura per l’altezza (sulla nave si lavora a 50 metri e, in passato, anche senza supporti di sicurezza) inizia a prendere confidenza con il nuovo ambiente. L’Amerigo Vespucci è un vero e proprio gioiello della Marina riconosciuto a livello internazionale. 150 allievi e 260 persone circa dell’equipaggio si dividono i 70 metri abitabili di una nave che può a buon diritto essere definita la più bella del mondo e nessuno di loro è immune al suo fascino, racconta l’ex comandante che però, confessa, una volta giunto al posto di comando aveva ampiamente superato ogni timore.
È affascinante sentire Bacchi raccontare la vita a bordo e ci si rende conto che il rispetto per gli altri e lo spirito di sacrificio sono la base per poter convivere in spazi relativamente stretti, collaborando attivamente a un lavoro faticoso, anche e soprattutto da allievi, che spesso mette persino a rischio la vita. Ricordando le vicende condivise con quelli che ancora oggi sono per lui dei fratelli, Bacchi si commuove, ma confessa anche che, alla fine dell’addestramento, l’avrebbe “presa a picconate”, tanto da dichiarare ai suoi compagni che ci sarebbe tornato “solo da comandante”. E piano piano finisce con l’affezionarsi a questa idea. Una volta entrato nella formazione grazie al comando del Capriccio e come docente in Accademia prima e al Morosini di Venezia poi, l’unico elemento mancante delle caratteristiche utili per diventare comandante del Vespucci era quello della rappresentanza. Ed è così che, quasi per caso, finito l’incarico alla NATO, viene designato capo ufficio cerimoniale e in tre anni finisce con il trovarsi nel posto giusto, al momento giusto, con le giuste competenze per comandare l’Amerigo Vespucci. Il resto è storia. Una storia che mischia sensazioni, anche fisiche, e dati tecnici e che merita di essere conosciuta leggendo il bel libro di Bacchi, che ha il suo “punto più alto” proprio negli anni del comando di questa nave così importante non solo per l’Italia ma per tutto il mondo. Gli aneddoti che coinvolgono anche personaggi importanti a livello internazionale sono tanti e sentirli raccontare dalla viva voce di Gianfranco Bacchi è un’esperienza che conquista.
Fare al meglio quello che sai fare. E se non funziona, cambi.
La visione di un outsider può essere utile anche ai futuri manager che hanno ascoltato il Comandante per quasi un’ora e mezza. La storia di Bacchi insegna a gestire la pressione senza gestire la pressione, anzi trasformandola in una sorta di “de-pressione” come la chiama lui. Un apparente paradosso che consiste nel concentrarsi su ciò che si sa fare bene, continuando a farlo con coscienza e, appunto, rispetto, senza mollare mai, ma senza neanche ossessionarsi. Se non funziona, cambiare. Se coloro che decidono arrivano alla conclusione che non siamo le persone adatte, semplicemente accettare la sconfitta su quel fronte e continuare la propria strada puntando su altro. Il contadino forlivese che “può sempre tornare a casa”, tanto nessuno si aspetta da lui una carriera militare di successo, consegna al pubblico una preziosa lezione di stile, ma anche di vita. Eppure di situazioni difficili, anche come comandante del Vespucci, Bacchi ne ha dovute gestire, incluso il fatto di avere in mano la vita di oltre 400 persone di equipaggio in un periodo difficile come quello della pandemia.
Il suo asso nella manica? La creatività. Unita al coraggio, anche quello di andare oltre il consentito, ogni volta che si è sentito nella posizione di farlo, gli ha permesso di portare avanti imprese davvero notevoli, in circostanze che nessun comandante prima di lui aveva sperimentato. Dalla musica ai tatuaggi, l’equipaggio letteralmente rinchiuso sulla nave, che aveva dovuto rinunciare a un giro del mondo a lungo pianificato, scopre una “navigazione fatta di passioni”, con tributi musicali alle zone d’Italia in cui si trova a sostare e con preziosi momenti di condivisione che hanno permesso a ciascuno di tirare fuori il proprio talento. Oggi è commovente pensare a questa nave mitica, costretta come tutti noi alla quarantena, che rende omaggio alla nazione portando la musica in ogni porto. E commoventi sono le immagini e il racconto del suo Comandante, che mette sempre e comunque al centro le persone, il suo equipaggio, arrivando a individuare i cantanti e i musicisti nel team per dare loro modo di mettere a frutto il loro talento. E anche qui emerge la forza di una leadership così umana e profonda da riuscire a imparare a memoria i nomi di tutto l’equipaggio. L’esperienza condivisa da Bacchi insegna che un capo che ha 410 persone da gestire e che conosce ognuna di loro riesce a creare un rendimento ottimale. Per una squadra sapere che chi è al vertice sta dando tutto, tanto da arrivare a conoscere il nome e i talenti di ogni membro del team, dà la forza di dare il meglio di sé e crea un rapporto per cui, come spiega lo stesso Bacchi, “basta uno sguardo per correggere una manovra”.
Momento di pura emozione è anche la condivisione del video del passaggio nel canale di Taranto, commentato dall’autore di questa impresa leggendaria che confessa di avere ancora i brividi di fronte a quelle immagini. E qui si è concluso l’intervento di Gianfranco Bacchi in Bologna Business School: un maestro di vita, oltre che di tenacia, di leadership, di simpatia e, naturalmente, di navigazione, che lascerà certo il segno nella memoria della Community.