Cop25 e le sfide del cambiamento climatico

Dicembre 18, 2019

Domenica 15 dicembre si è conclusa con un nulla di fatto a Madrid la Conferenza delle Parti organizzata dall’UNFCCC, Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, a cui hanno partecipato i rappresentanti di oltre 190 paesi del mondo.

L’obiettivo della Conferenza era ambizioso: regolarizzare un nuovo processo per l’emissione di CO2, uno dei punti più importanti dell’Accordo di Parigi che all’articolo 6 prevede un sistema di crediti per cui i paesi che inquinano meno possono cedere delle quote di gas serra a paesi che inquinano di più.

Nessun risultato è però stato raggiunto. “Cop25 è stata un fallimento”, questo il commento di tutte le testate internazionali nel riportare la posizione di alcuni paesi emergenti. India, Brasile e Sudafrica hanno infatti dichiarato di non poter garantire ulteriori sforzi in questa direzione, mentre la Cina ha addirittura chiesto di ritardare l’applicazione delle regole sull’emissione di CO2.

Tralasciare l’articolo 6 ha sancito il tramonto della Conferenza in cui l’Europa si è mostrata, invece, ancora proattiva, ma “la verità è che  senza i big  non si va da nessuna parte”, ha dichiarato Francesco Ferrante, Vice Presidente di Kyoto Club, organizzazione non profit che si occupa di raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas-serra assunti con il Protocollo di Kyoto.

Matteo Mura, Direttore Scientifico del Global MBA in Green Energy and Sustainability di Bologna Business School, ha spiegato come il sistema europeo abbia ricoperto un ruolo fondamentale nel definire lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra, “L’Emission Trading Scheme è una sorta di mercato in cui avviene lo scambio che si basa su un criterio di cap e trade, fissando un tetto massimo delle emissioni per i Paesi coinvolti nel sistema”.

Cop25 non quindi ha soddisfatto le aspettative attese, ma ci sono segnali positivi sulle possibilità di colmare questo vuoto attraverso azioni politiche che confermeranno nuovamente la validità degli accordi di Parigi.

“L’articolo 6 dell’Accordo di Parigi doveva fare in modo che alcuni Paesi non effettuassero un’eccessiva compravendita, ma questa discussione è caduta”, ha continuato il Direttore Scientifico Mura, sottolineando anche come “i big del petrolio si siano attivati molto rapidamente per ridurre gli impatti ambientali, disinvestendo nelle loro politiche e sfruttando solo energie rinnovabili”.



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