Claudio Domenicali, amministratore delegato di Ducati, è stato protagonista del secondo appuntamento degli Innovation Talks, che hanno portato in BBS i top manager della Motor Valley. Con lui abbiamo parlato a margine dell’incontro.
“L’innovazione è la curiosità, il desiderio di spostare più avanti l’asticella e inventare un futuro che non c’è, usando gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione, ricombinandoli in modi diversi, al fine di generare nuovo valore per i clienti”.
Ducati produce motociclette dal 1946. Innovazione e tradizione sono un ossimoro o due anime che in un’azienda possono convivere?
La tradizione è importantissima perché genera il valore del marchio. Tuttavia essa da sola non basta: deve essere sostenuta da una fortissima capacità innovativa. Per questo motivo le aziende che hanno alle spalle una solida tradizione riuscendo allo stesso tempo ad essere innovative, competono per essere i campioni del mondo economico.
Qual è il ruolo del fattore umano nell’innovazione?
E’ decisivo, proprio perché l’innovazione è guidata dalla curiosità e dal desiderio di utilizzare la conoscenza che chi ci ha preceduto ha sviluppato per spostare più avanti la frontiera del realizzabile.
Quali sono le doti che un manager deve avere per lavorare in aziende ad alto contenuto di innovazione come Ducati?
Alcune doti sono comuni ad ogni tipo di manager: la capacità di gestire obiettivi, di avere una visione strategica e un rapporto empatico con le persone, di saper motivare e responsabilizzare gli altri. Nella parte in cui il contenuto di innovazione è più alto è necessario però uno spirito di “insoddisfazione” e curiosità, una spinta interna a mettere continuamente in discussione l’esistente e guardarsi attorno per cercare di spostare la frontiera.
Che percentuale di fatturato investe Ducati in innovazione del prodotto?
Negli ultimi 5 anni siamo passati dal 5-6% a oltre il 10%.
Come organizzate le attività di ricerca e sviluppo?
L’attività di R&D è il processo core all’interno dell’azienda. Coinvolge oltre 200 persone e ha bisogno di essere organizzata e strutturata, anche perché è multi-progetto e multi-funzione. Ciò significa che, all’interno di aree di competenza tecnica diverse (motore, veicolo, elettronica, testing, progettazione, design), devono contemporaneamente svolgersi un certo numero progetti differenti. Il tempo necessario a sviluppare un prodotto può variare dai 36 ai 48 mesi. Quindi, se vogliamo lanciare cinque prodotti all’anno, ognuno dei quali impiega quattro anni per arrivare a maturazione, avremo venti progetti che si trovano in contemporanea in una fase diversa di sviluppo. Per questo ci siamo dotati di un’organizzazione matriciale piuttosto sofisticata in cui i product-manager gestiscono specifiche, timing, qualità, rispetto del brief, mentre una serie di funzioni tecniche portano avanti lo svolgimento di tutte le attività in un incrocio ritmato e complesso.
Da oltre tre anni, Ducati è parte del gruppo Audi. Cosa avete dato e cosa avete ricevuto da tale unione?
In questa unione abbiamo portato lo spirito di italianità, un misto di imprenditorialità, passione per il bello, capacità di adattarsi alle situazioni non perfettamente schematizzate e organizzate, e reagire in modo rapido. Abbiamo ricevuto tanto: siamo entrati in un mondo tecnologico molto sofisticato, in una grande banca dati di tecnologia e di servizi. Audi, che è l’azienda che ci controlla direttamente, è per noi una fantastica scuola d’impresa: negli ultimi trent’anni si è evoluta da marchio generalista produttore di automobili a straordinario marchio premium. La tecnologia e la qualità con cui produce auto, il modo di proporle al cliente, la gestione dei servizi retail e dei dealer (i concessionari monomarca), l’estrema professionalità con cui sono gestiti i rapporti, anche con la parte commerciale: tutto questo è per noi una scuola straordinaria.
Lei ha cominciato a lavorare per Ducati a 26 anni, con un laurea in ingegneria in mano. E’ stato direttore di prodotto e dal 2013 è CEO dell’azienda. Che cosa l’ha appassionata di questo lavoro e di questa azienda?
Ho avuto la straordinaria opportunità di poter cambiare spesso ruolo all’interno dell’azienda. Io sono ingegnere, ma ho potuto studiare molto e approfondire le mie conoscenze in campi a me non familiari: dall’economia, al marketing, fino al retail. Inoltre ho potuto confrontarmi con clienti, fornitori, concessionari e toccare dunque con mano quali teorie funzionano e quali no. Proprio la sperimentazione sul campo di concetti e di tematiche diverse nel tempo è stata la cosa più straordinaria.
Qual è stata la sfida più difficile nella sua vita professionale in Ducati e che cosa le ha dato più gioia?
In questo momento le cose per Ducati vanno abbastanza bene. L’azienda ha capitale, produce cassa, può pensare al futuro. Ma le imprese sono organismi con vite complesse. La mia è una storia di grande identificazione con l’azienda: in 24 anni c’è stato il sole, è piovuto, c’è stato il vento forte e ha fatto anche freddo. Nei momenti di crisi è stato molto difficile trovarsi di fronte ai volti delle persone che mi guardavano chiedendomi “perché” e non poter dare loro una risposta. La parte più bella invece la vivo ogni volta che vado in mensa e vedo le persone che lavorano in Ducati. Lì ti rendi conto che tutto quello che facciamo ha un volto, che ci sono 1500 famiglie che, se l’azienda funziona, hanno la possibilità di costruirsi un futuro. Questo è ciò che mi dà la motivazione, la grinta, la voglia di metterci qualcosa in più ogni giorno. Il ruolo dell’impresa va molto oltre la soddisfazione dell’azionista (che deve avere una giusta e opportuna retribuzione): l’azienda è un organismo vivente, fatto di volti e di persone.
Che consiglio darebbe a uno studente che vuole lavorare per la vostra azienda?
La nostra azienda cerca talenti, persone curiose e determinate, con la voglia di dare valore aggiunto, di mettersi in gioco. La passione è comunque la dote per noi più importante: che sia per il prodotto o per il modo in cui esso viene comunicato. Ai nostri talenti chiediamo di avere una visione, di saper guardare un sasso come l’elemento importante di un muro che sarà parte di una grande cattedrale. Questo è ciò che cerchiamo negli occhi di chi entra nella nostra azienda.
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