“Innovare comporta tuffarsi in un contesto parzialmente ignoto, in cui attivarsi per scoprire, creare e costruire. Servono doti quali apertura e capacità di esplorare, insieme ad una solida preparazione”. Gian Paolo Fedrigo è CEO di Coveme, azienda leader nel settore della trasformazione del film di poliestere, con stabilimenti a Gorizia e Shanghai e quartier generale a San Lazzaro di Savena. Lo abbiamo incontrato a margine del suo incontro con i partecipanti all’Executive Master dell’Impresa Cooperativa dal titolo “Management e Managerialità”.
Quali sono le doti che un manager deve avere per guidare aziende ad alto contenuto di innovazione come Coveme?
Le aziende ad alto contenuto tecnologico richiedono interesse, curiosità, passione verso tutto ciò che è innovazione. Ci vuole apertura, motivazione e una sorta di fascinazione verso il nuovo e il non noto. Sono aziende che hanno bisogno di una gestione dinamica, della capacità di pensare molto al domani e della consapevolezza che lo status quo è solamente un punto di partenza. Il futuro è solo in parte ipotizzabile, perché molto nasce dalla scoperta, dalla crescita, dallo sviluppo. Occorre saper uscire dalla comfort zone, avere il gusto del nuovo e il piacere dell’ignoto. La ricerca e la scoperta di nuovi paradigmi necessita comunque di essere supportata attraverso l’adozione di metodi e strumenti robusti, che consentano di contenere gli elementi di incertezza e rischio e di conseguire risultati concreti.
Coveme investe molto in ricerca, sviluppo e tecnologia. Come organizzate le attività di R&D?
Il nostro approccio è ampio ed articolato. Puntiamo sia su un nucleo di ricerca e sviluppo interno, sia sulla costruzione di un ecosistema di partnership a livello internazionale. I nostri team di R&D sono specializzati sulle tipologie di business in cui opera l’azienda e si dedicano allo sviluppo di nuovi prodotti ed alla manutenzione/evoluzione di quelli esistenti. Abbiamo anche un team dedicato all’innovazione che lavora su progetti ed iniziative a medio termine: questo team, che attinge anche a competenze di varie funzioni aziendali, è attivo anche in forum/gruppi di lavoro con partner esterni, nella ricerca di nuove opportunità tecnico/applicative. Il team aziendale di R&D che vede insieme colleghi sia italiani che cinesi, nel 2015 è ulteriormente cresciuto grazie all’inserimento di tre giovani ricercatori. Per quanto riguarda le relazioni di partnership esterne, esse sono di quattro tipi e hanno tutte un respiro internazionale: con centri di ricerca e università (Germania, Italia, Olanda, ma non solo); con fornitori strategici, con cui realizziamo joint development program per lo sviluppo prodotto; di natura tecnologica per la valutazione e l’adozione di tecnologie impiantistiche di produzione; forum con partner strategici per l’esplorazione di ambiti tecnologico/applicativi nuovi su cui investire.
Coveme ha aperto nel 2011 uno stabilimento in Cina per produrre componenti per il fotovoltaico. Quali sono state le analisi dietro questa scelta? E’ una scelta che ha pagato in termini di posizione dell’azienda sui mercati internazionali?
La decisione di aprire lo stabilimento cinese è nata dalla considerazione che il mercato dei produttori del settore fotovoltaico si stava spostando in Asia, dove oggi vengono costruiti circa i ¾ dei pannelli venduti in tutti il mondo. Coveme ha voluto qualificarsi tempestivamente come operatore locale per servire al meglio il mercato di riferimento. E’ stata un’operazione che ha portato all’apertura a Zhangjiagang, vicino Shanghai, di uno stabilimento “state of the art”, un vero gioiello industriale con standard di eccellenza, la cui capacità produttiva nel corso del 2015 è stata raddoppiata per supportare la crescita del business. Questa scelta dell’imprenditore si è rivelata lungimirante in quanto la presenza di Coveme sul mercato fotovoltaico cinese si è ulteriormente rafforzata: oggi siamo tra i tre top player a livello mondiale nel settore del backsheet per il fotovoltaico, unico produttore con capacità produttiva sia in Asia sia in Europa.
Coveme serve molti Paesi in tutto il mondo. Come si attrezza un’azienda per essere presente su un grande numero di mercati, spesso molto diversi tra loro?
Coveme realizza più del 75% del proprio fatturato all’estero e circa il 50% fuori dall’Europa: è un’azienda che è cresciuta e si è sviluppata a livello internazionale. Il nostro modello di business prevede la presenza locale con partner e/o dipendenti per cogliere al meglio le esigenze dei clienti e dei mercati e per ridurre potenziali percezioni di distanza geografica. Parallelamente, ci qualifichiamo come player globale offrendo dei prodotti ad elevato valore aggiunto, e un’offerta impeccabile sia in termini di prodotto che di servizio. In sintesi, perseguendo una logica di attenzione sia alla domanda che all’offerta riusciamo a giocare da protagonisti sullo scacchiere mondiale.
Pensa che per le aziende esista un valore aggiunto dall’essere in Emilia-Romagna?
Trovo che in questa regione ci siano aziende con un forte spirito imprenditoriale e una grande energia. Inoltre c’è un elevato orientamento all’internazionalizzazione: la volontà e la capacità di considerare il mondo intero come il proprio territorio di riferimento. Altri elementi tipici del tessuto delle imprese di questo territorio sono la centralità del prodotto (valore e qualità) e la centralità delle persone che, con le loro competenze e motivazioni, costituiscono un fattore critico di successo.
Quale consiglio darebbe a uno studente che vuole lavorare nel settore dell’innovazione?
Essere orientati all’innovazione è un mindset: non significa occuparsi esclusivamente di scienza e tecnologia, ma avere un approccio aperto, attento ai trend, curioso, interessato al nuovo, desideroso di apprendere cose che vanno al di là del noto. L’innovazione riguarda i prodotti, ma ancora di più i processi, sia tecnologici che organizzativi, produttivi, gestionali. Ad uno studente suggerirei dunque di costruirsi un percorso di studi ricco, con basi solide, e nello stesso tempo poliedrico, che comprenda sia approfondimenti in verticale che estensione in orizzontale dei propri ambiti del sapere. Suggerirei inoltre di prepararsi ad un mondo internazionale, con esperienze di studio, stage, lavoro all’estero e con una seria conoscenza dell’inglese.
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