Facebook: dietro la piattaforma c’è sempre una persona

Febbraio 6, 2017

Fuori una nebbia lattiginosa avvolge Villa Guastavillani. All’interno della Grotta monumentale molte idee si chiariscono riguardo gli sviluppi futuri di ciò che era iniziato come un gioco per mettere in rete amici e studenti e che ora si propone come uno degli strumenti di advertising e marketing più potenti a disposizione.

Durante il workshop “From Audience to Customer” tenutosi giovedì 2 febbraio Facebook si svela attraverso Sylvain Querne, responsabile marketing per l’Italia.

Un’azienda che in Italia si rivolge in modo prevalente al marketing B2B e alle agenzie che si occupano di comunicazione. Il consumer è ancora un cliente distante. “Prima di parlare di conversion bisogna parlare di obiettivi” avverte Querne, che suggerisce i punti chiave per collegarsi con gli utenti di Facebook: adottare un nuovo linguaggio visivo, capire il processo d’acquisto, migliorare il modo di misurare le campagne pubblicitarie.

Ma come si comportano le persone? “Sono atteggiamenti che possiamo osservare.” dice Querne. “Vogliono comunicazioni espressive. Emoticon è una parola entrata nel dizionario. Le immagini sono più facili da capire di qualsiasi testo. Il nostro cervello è più veloce 60.000 volte nell’analizzare le immagini rispetto al testo.”

Il suggerimento è quello di fare vivere esperienze diverse. Che forniscano ispirazioni, come su Instagram e che abbiano informazioni brevi e suggestive. “Il pollice è l’arma più potente, perché fa scorrere informazioni ritenute non interessanti. Devo dare alla persona giusta al momento giusto l’informazione rilevante.” L’algoritmo penalizza i messaggi poco curati e non targetizzati. “Si conosce il brand, si passa all’acquisto e con la fiducia nel marchio si punta al riacquisto. Se il brand non è conosciuto la vendita non funziona.” Una catena logica da seguire passo passo per un advertising di successo.

C’è stata troppa attenzione sui cookies, che non sono le persone, ma i device dai quali una singola persona si collega. “Abbiamo misurato centinaia di campagne e non c’è nessuna correlazione fra i click e gli acquisti online. Ci sono persone che cliccano e persone che acquistano.”

Lorenzo Baraldo, web e social manager e Alumnus BBS, presenta il dubbio su un processo tecnologico che dagli sms è passato alle scatole nere sulle automobili, ma applicabili ovunque, che registrano ogni nostra scelta.

Maurizio Fionda, Docente Bologna Business School e CEO Diennea-MagNews, propone un divertente confronto manzoniano fra la conversione degli utenti su Facebook e quella dell’Innominato, convinto da un importante influencer dell’epoca come il cardinale Federigo Borromeo.“Allora non c’erano i cookies, ma il cambiamento di uno stato interiore e la fiducia rispetto a chi questi valori li propone è rimasto intatto”. La profittabilità per una azienda arriva solo a fine percorso quando il cliente è leale. Fiducia e valore sono le parole chiave. Fattori interiori che non dipendono dalle tecnologie.

Conclude Davide Maggi, Direttore del corso Digital Marketing & Communication, in partenza il 17 febbraio, e Ceo di Nimai. “Oggi il digitale in Italia vale come il mercato televisivo. Il digital serve alle visualizzazioni, raggiunge gli utenti, realizza engagement, ma quante sono le conversioni? Sono solo l’1% nei casi di successo.” Ecco quindi il ruolo delle Digital Company e degli esperti formati, che devono essere agenti di creazioni editoriali, sfruttare le loro abilità da comunicatori. “Il tema è anche essere bravi a inventarsi dei modelli di business sostenibili.” Avere un buon prodotto aiuta i ricavi attraverso Facebook. Se ci ricordiamo però che dietro una piattaforma c’è sempre una persona che ci osserva.



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