Governare gli Small e i Big Data

Ottobre 28, 2016

I Big Data sono stati i misteriosi protagonisti dell’incontro intitolato “Big Data, Small Data & Leadership” tenutosi nel tardo pomeriggio di giovedì 27 Ottobre nella splendida Grotta di Villa Guastavillani.

Sapere raccogliere, leggere, interpretare i dati più che una necessità sta diventando un’arte. Da quelli definiti Small, frutto in modo prevalente dei database aziendali (magazzino, vendite, CRM) con la trasformazione digitale si è passati a una quantità enorme di dati provenienti da differenti piattaforme web e devices e che, attraverso “tracciatori” come i cookies, sono in grado di fornire informazioni dettagliate da rendere però utilizzabili nel modo più efficace possibile.

Il prof. Andrea Lipparini, Professore Ordinario di Gestione dell’Innovazione all’Università di Bologna e membro della Faculty BBS, ha avuto il compito di coordinare una discussione che ha visto due esperti e alcune testimonianze dirette a disposizione di una platea di manager e imprenditori interessati a carpire qualche segreto utile o novità ispiratrici sul tema.

 

“Noi tutti generiamo dati senza saperlo, senza accorgercene” ha spiegato Furio Camillo, professore di Statistica Economica all’Università di Bologna. “I dati a disposizione sono talmente tanti che non bastano più tabelle o report. Ci vuole un ‘frigorifero’ dove raccogliere ‘il prodotto fresco’.” Con questa metafora Camillo ha voluto sottolineare come i Big Data devono essere disponibili continuamente e immediatamente. “Questi dati sono ottenuti tracciando i comportamenti di persone umane e non da esperimenti di laboratorio. Sono quindi totalmente imprevedibili, come non c’è nulla di razionale nelle risposte umane alle campagne di marketing.” In questo caso sono i cookies che diventano la fonte principale di dati. Small Data e Big Data non rappresentano il vecchio soppiantato dal nuovo. E’ più un’evoluzione nella quale è necessario “mixare” le due fonti.

 

Federico Ravaldi si definisce un entusiasta dei Data. Professore di Big Data, Performance Management and Business Intelligence all’Università di Bologna, di Modena e Reggio Emilia e in Bologna Business School, Ravaldi è anche imprenditore, fondatore di aziende del settore come ICONSULTING SpA, Better Decisions Forum e INDYCO. Tocca a Ravaldi dare il senso della complessità del mondo dei Big Data. “L’Internet of Things produce dati, attraverso gli strumenti collegati al web. Anche i dati mobile, i geotag, i video, l’audio, le immagini producono dati, a volte soppiantando quelli alfanumerici. E questi nuovi dati sono molto difficili da gestire.” Per dare l’idea di quella che è un’ enorme rivoluzione Ravaldi cita Chris Anderson, ex direttore di Wired e uno dei principali interpreti delle nuove tecnologie “I Big Data sono talmente potenti che non c’è bisogno di capire il perché, basta il come. In questo senso il metodo scientifico è diventato obsoleto”. Un come che però ha prodotto una information overload. E quando si hanno troppe informazioni il rischio è quello di non riuscire a prendere decisioni, determinando quella che viene chiamata “analysis paralysis”.

 

Alberto Laghi lo si potrebbe definire un esperto di brevetti, licenze e patenti. Fra queste quella nautica, visto che utilizza il caso della chiglia dell’imbarcazione vincitrice dell’American Cup, edizione 1983, per spiegare come gli Small Data siano ancora rilevanti nell’ambito dell’innovazione. “L’invenzione risolve un problema tecnico e nel brevetto questa soluzione viene spiegata nel dettaglio. Ma queste informazioni bisogna saperle trovare.” La chiglia speciale veniva tenuta coperta per non svelare il segreto del design innovativo e le squadre avversarie tentavano di scoprirne le forme anche con sortite notturne. “Nessuno pensò di fare la cosa più semplice: andare a consultare il brevetto che era stato pubblicato più di un mese prima della regata.” Qualcuno in sala si chiede allora che differenza ci sia fra ricerca di brevetti e spionaggio industriale. La risposta di Laghi: “Se si tratta di soluzioni importanti e riservatissime può anche essere conveniente non registrare il brevetto, ma in caso di riproduzione dell’idea nessuno sarà disposto a sedersi a un tavolo di negoziazione senza un brevetto registrato.  Inoltre depositare un brevetto è strategico anche in ottica commerciale: può essere venduto o dato in utilizzo.”

 

Le ultime due testimonianze si muovono fra ambito manifatturiero e digital, fra gli Small Data dei codici del prodotto e i Big Data raccolti attraverso pratiche innovative come la gamification. Giuseppe Ghelfi della Ghelfi Ondulati, azienda valtellinese, introduce nel mondo degli imballaggi di cartone: “i nostri principali small data sono i codici identificativi stampati negli imballaggi che circolano fra magazzini e clienti tracciando i percorsi, raccontando picchi e cali di vendite. I nostri big data sono quelli che stiamo utilizzando per le previsioni del tempo per allineare la produzione di pezzi di imballo per la distribuzione delle mele. Un sistema efficiente nel dettaglio e in grado di risparmiare sprechi”.

Filippo Privitera, fondatore di BeInToo e Cuebiq, giovani aziende molto innovative, parte dal dato impressionante di 7 milioni di smartphone che vengono mensilmente “tracciati” dai loro software. “Dall’advertising con le prime gamification platform nel 2011 siamo passati alle interazioni dirette per studiare le abitudini dei clienti e quindi orientarle. Riusciamo a studiare le frequenze di visite nei singoli store, quanto è il tempo di permanenza, quali percorsi di acquisto vengono fatti e tanto altro. Inoltre tracciamo attraverso i dati geotaggati come la gente si muove nei luoghi commerciali per capire abitudini, orari, modalità di acquisto.”  Di nuovo fra la platea dubbi su tracciamento e privacy. La risposta di Privitera è all’insegna dell’attualità tecnologica e del cambiamento che essa porta con sé “La privacy nelle nuove generazioni non è più un problema: pubblicano tutto della loro vita senza riserve e rinunciano senza nessun problema alla riservatezza. Preso atto di questo cambiamento sociale, partecipiamo comunque a board specifici che regolano l’aspetto etico e del diritto”.

Il problema, conclude Furio Camillo con una battuta, è semmai quando siamo tracciati dopo l’acquisto di un prodotto e ci vediamo rivolgere, ovunque navighiamo, la proposta dello stesso, identico prodotto già acquistato. Un errore imperdonabile per programmatori e statistici.



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