Nel mondo del lusso, siamo abituati da qualche anno alla presenza e al consolidamento sempre maggiore di tre gruppi: LVMH, Kering e Richemont. Pur se diversi tra loro, i tre gruppi del lusso si caratterizzano per essere europei e per avere brand con una lunghissima storia, che basano il loro posizionamento su una forte identità legata ad esclusività ed heritage, elementi non semplici da riprodurre rapidamente da parte dei concorrenti.
Recentemente, tuttavia, si stanno sviluppando altre tendenze al consolidamento del settore a partire da alcune imprese americane. Coach e Michael Kors sono due esempi interessanti. La storia dei due brand si assomiglia pur avendo Coach alcuni decenni in più di vita. Entrambe non si possono definire di lusso esclusivo, dato che non hanno il pedigree (né i prezzi) di un Hermes o un Luis Vuitton. Si tratta invece di imprese che hanno da tempo lanciato business e marchi che possono essere collegati al concetto di lusso accessibile o lifestyle brand.
In entrambi i casi abbiamo un’idea molto americana di acquisto, ad esempio di una borsa da donna, come special treat, vale a dire un’occasione di acquisto che costituisce una punta di spesa occasionale, senza però la necessità di dover fare un acquisto enormemente ostentativo e quindi senza spendere una cifra lontanamente paragonabile a quella di una automobile (ad esempio 300 o 600 euro invece di 8000 o 10000 euro), come succede nel caso di brand come Hermes o Luis Vuitton. Michael Kors ha inoltre un’abitudine stilistica abbastanza propensa all’imitazione di grandi brand come Chanel.
In un mercato globale dove la competizione di brand di massa come Zara e H&M è sempre più aggressiva e capace di giocare su registri di diverso tipo, usando anche, talvolta (come in caso di collezioni limited edition con stilisti famosi), alcuni codici del lusso, e dove moltissimi brand locali in diversi paesi lavorano sulla fascia media con ottimi prodotti, brand come Coach e Michael Kors non possono sedersi sugli allori. Un’opzione interessante potrebbe essere quella di cercare di scalare qualche gradino nel posizionamento di prezzo cercando di spingersi verso l’alto dove abbiamo il lusso più esclusivo, a più alto margine. Questo tentativo raramente riesce in modo efficace, innanzitutto per la forza dei brand del lusso esclusivo già presenti da molto tempo che, appartenendo a grandi gruppi, riescono a fare azioni di interdizione su canali distributivi come i grandi department store. Inoltre, si tratterebbe comunque di un processo molto lungo, dato che non è facile far dimenticare ai consumatori la storia di un brand del lusso accessibile semplicemente con codici stilistici, prodotti, negozi capaci di dare un carattere di maggiore esclusività. I consumatori, infatti, ricordano a lungo, e ricorderanno a lungo anche il grande lavoro di brand extension che sia Coach sia Michael Kors hanno fatto, forse anche a prezzo di una certa diluizione dei valori premium dei due brand.
L’altra strada, che è quella che sembra sia stata scelta negli ultimi tempi sia da Coach sia da Michael Kors, è quella di imitare i tre grandi gruppi del lusso nel processo di crescita (le sinergie finanziarie, immobiliari e distributive sono importanti) attraverso acquisizioni di brand, e di farlo acquisendo brand che li aiutino a fare salire il profilo complessivo del gruppo verso una maggiore presenza nei mercati del lusso (se non proprio quello esclusivo, comunque di prezzo più alto).
Michael Kors ha quindi in questi anni acquisito Jimmy Choo e Versace, costituendo inoltre un gruppo e dandogli il nome di un’isola italiana, Capri (secondo la definizione dell’azienda, una “iconic, glamorous and luxury destination”). Coach invece, ha da poco acquisito Kate Spade, un temibile rivale di Michael Kors, dopo avere acquisito qualche tempo fa Stuart Weitzman.
Come sempre, non è possibile dire ora se questa sia la ricetta migliore per la sopravvivenza e lo sviluppo di ciascun brand, è comunque vero che questa è una visione strategica di lungo periodo che dovrebbe fare molto bene alle imprese, contrapponendosi alla prevalente visione di breve termine che le imprese spesso tendono ad avere a seguito delle richieste del mercato finanziario. Seppure non sia possibile identificare una ricetta perfetta e univoca per il successo nel business, è innegabile che una crescita stabile possa essere garantita solo da efficaci competenze di management e da un atteggiamento proiettato verso il futuro nel processo di costruzione e gestione del brand.
Il Global MBA in Design, Fashion and Luxury Goods di Bologna Business School ha come caratteristica quella di formare nuove generazioni di leader d’impresa che sappiano impostare e implementare strategie durevoli di costruzione dei brand e delle imprese, tenendo conto della necessità di interagire positivamente con i vari stakeholder e facendo in modo che le necessità di risultati di breve periodo si integrino con lo sviluppo di una visione a lungo termine delle imprese, sia dal lato industriale sia da quello finanziario.
Angelo Manaresi, Direttore del Global MBA in Design, Fashion and Luxury Goods