Ludovica Leone, direttrice del Global MBA in Food and Wine, ha focalizzato la sua ultima ricerca sullo studio dell’improvvisazione organizzativa pubblicando il libro “Improvvisazione e Creatività”.
Cos’è l’improvvisazione nel management?
Improvvisazione vuole dire pensare e fare nello stesso momento. Avviene quando c’è una fusione fra le fasi di ideazione e di esecuzione di un nuovo progetto o di un nuovo prodotto. E’ oggi una delle competenze fondamentali del manager moderno, così come dell’imprenditore.
Quando avviene questa nuova contestualizzazione?
Il concetto di improvvisazione nel management non è nuovo. I primi studi sono databili alla fine degli anni ’90. Partendo dall’ambito della musica jazz e del teatro, questi studi riconoscevano un’ applicabilità dell’improvvisazione al mondo delle imprese. L’intuizione alla base è che ciò che dà frutti così positivi in ambienti artistici e performativi può essere replicato anche in altri contesti dove, se gestito bene, porta ottimi risultati.
Si tratta di una pratica complessa, perché l’improvvisazione ha bisogno di forti competenze in qualsiasi contesto, non solo nelle imprese. Anche l’improvvisazione più libera si basa su un canovaccio e su un insieme di competenze e conoscenze che si sono accumulate nel tempo: quello che si è letto, quello che si è ascoltato, quello che si è suonato e, nel caso delle imprese, le decisioni prese in precedenza, i comportamenti che sono seguiti a determinate situazioni o le soluzioni che sono state adottate in certe circostanze.
La parola “improvvisazione” si porta dietro una cattiva reputazione.
E’ comune considerare improvvisatore chi non sa fare. In realtà per essere improvvisatore bisogna essere molto più bravi di un “pianificatore” perché devi avere la capacità di fare e disfare ciò che era pianificato raccogliendo in tempo reale gli stimoli dall’esterno e trasformandoli in opportunità. E’ quello che Massimo Bottura chiama nella prefazione al libro “l’inciampo felice”. Se tu inciampi hai l’opportunità di vedere qualcosa che non avresti notato camminando eretto. In sostanza l’obiettivo di questo libro e di chi utilizza questo termine negli studi di impresa è di valorizzare il concetto, capire quali sono i lati positivi, analizzarlo relativamente ai contesti adatti, capire quali sono le migliori possibilità di gestire l’improvvisazione che avviene in impresa e le sue potenzialità come modalità di gestione dell’inatteso.
Saper improvvisare sarà sempre di più un requisito cercato nel mondo del lavoro?
Credo sia fondamentale per chi, ad esempio, fa selezione del personale tenere conto dell’intelligenza emotiva della persona, la sua capacità di relazionarsi con l’esterno, il talento nel cogliere gli spunti e le opportunità improvvise. Avere quello che viene definito il “pensiero laterale” rispetto alle capacità classiche che si possono trovare in molti. Nella formazione managerialei l’importante non è solo indicare quali libri studiare, ma fornire elementi per gestire le proprie conoscenze nell’inatteso, nell’improvviso. In un mondo le imprese sono sottoposte a ritmi di cambiamento sempre più frenetici e dove è impossibile prevedere tutto improvvisare vuole dire avere elasticità, duttilità, capacità di adattamento.
Riguardo al Global MBA in Food and Wine, quali sono le novità della prossima edizione?
Quest’anno abbiamo introdotto un corso nuovo, innovation and narration, per raccontare nuovi modelli di business nel food & wine e nuove modalità di comunicazione. In generale stiamo cercando di dare voce a quello che si muove nel digitale oggi, per esempio trattando la Food Technology e il ruolo dei Big Data per le imprese food & wine.
E’ un riferimento anche alle numerose applicazioni che stanno moltiplicandosi?
Nel fiorire delle app bisogna vedere quali sono quelle che resisteranno, ma questo vale in generale per tutto quello che oggi rientra nel mondo dell’innovazione e delle tecnologie nel food. A noi del Global MBA in Food and Wine interessa l’elemento della sostenibilità del business e la valorizzazione del prodotto e dei saperi su cui si fondano le produzioni. Anche perché fra gli studenti sta crescendo edizione dopo edizione il desiderio di imprenditoria nell’ambito del food&wine. I primi anni la proporzione era di uno su un’aula intera, oggi la metà della classe punta alla realizzazione di un proprio progetto imprenditoriale.
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