La laurea ad honorem è considerato il momento più solenne dell’Alma Mater Studiorum. L’importante onorificenza è stata attribuita lunedì 6 febbraio nell’Aula Magna di Santa Lucia a Massimo Bottura, chef e imprenditore che ha saputo riassumere in sé dall’arte della gastronomia alle capacità dell’imprenditore. Un percorso che Bottura ha ricordato come complesso, ricco di sacrifici e delusioni iniziali. “Un’impresa nata nel modenese con tre persone in cucina e, dopo un’importante esperienza a New York, è transitata attraverso grandi sogni. Ma nulla avrebbe potuto prepararmi alle sorprese che avrei trovato lungo il percorso.”
Bottura riassume per noi i passaggi ponderati della sua impresa. “L’Osteria Francescana è diventata come una Bottega rinascimentale, perché arrivano da tutte le parti del mondo per capire cos’è uno stile. Creiamo cultura, guardiamo al passato in una chiave critica e non nostalgica per traghettare il meglio della tradizione nel futuro. Abbiamo formato un’alleanza con i contadini, gli allevatori, i casari, i pescatori che ci permettono di trasmettere emozioni attraverso le loro materie prime migliori. Siamo diventati i loro ambasciatori. Poi con il turismo, che porta alcuni a trascorrere due, tre giorni nella zona del ristorante per capire il territorio e completare nell’Osteria Francescana un pensiero che passa anche attraverso la gastronomia. E il sociale: nel momento in cui hai ricevuto tutti i premi possibili devi saper restituire con generosità.” Un’idea di social responsibility non caritatevole, ma sapientemente organizzata e produttiva. In un progetto come quello del Refettorio Ambrosiano, nato nel contesto dell’Expo e proseguito fino nelle favelas brasiliane, il concetto non è solo quello di sfamare, ma di offrire a chi non ne ha accesso la cultura del cibo.
Oggi l’Osteria Francescana conta circa 40 collaboratori. “Le piccole imprese che costituiscono la struttura economica del nostro Paese trovano spesso ostacoli insormontabili sul sentiero dell’internazionalizzazione, ma l’Osteria Francescana ha trovato la propria strada nel mondo della globalizzazione, grazie alla capacità unica di trasformare una cena in ristorante in un’emozionante esperienza sensoriale e intellettuale, basata sull’intreccio di memoria, territorio, arte, design e culture” ha puntualizzato il professor Massimo Bergami, Dean di BBS, nella laudatio che ha preceduto la consegna alla Laurea ad Honorem in Direzione Aziendale a Massimo Bottura. “Dal punto di vista aziendale Bottura ha realizzato una deliberata strategia di crescita, volta allo sviluppo della qualità e della visibilità internazionale, mediante visione, capacità imprenditoriale, creazione e gestione del team, innovazione di prodotto e attenzione al servizio.”
“Per me l’ingrediente più importante è la cultura” ci ha raccontato Massimo Bottura. “Il consiglio che do a ogni giovane è di studiare di più e aspettare ad entrare in cucina, perché solo attraverso la cultura puoi esprimere completamente te stesso.” Una considerazione che porta a una attualità difficile. “L’imprenditore giovane deve avere sogni, ma adesso in Italia c’è una enorme crisi di identità e tutti hanno paura. Io potevo vivere una vita veramente agiata. Ho abbandonato tutto, mi sono messo in discussione. La porta si era aperta: poteva essere la musica, l’arte. Ma sono passato attraverso quella di una cucina. Lasciare la porta aperta all’inaspettato è fondamentale nella vita, perché non sai mai cosa può succedere, ed è la cosa più bella. Credo proprio che l’importante sia sapere maneggiare l’inaspettato.”
Una platea quella in Santa Lucia ricca di personalità convenute per rendere un sincero omaggio al grande chef. Fra gli ospiti numerosi i colleghi di Bottura, fra i quali Cristina Bowerman, Moreno Cedroni, Massimo Spigaroli, Mauro Uliassi. A Davide Oldani, il cui metodo di lavoro è diventato un case history alla Harvard Business School, abbiamo chiesto se il successo può partire da un’aula “E’ importante continuare a parlare di Scuola perché è la parte iniziale dell’applicazione alla vita. Penso che prima che imprenditori siamo artigiani. Ma il nostro mestiere è fatto di organizzazione, crea lavoro, permette ai giovani di innamorarsi di qualcosa di concreto. E i ragazzi sanno che imparare questa idea di artigianato nel contesto giusto è un ottimo investimento per il futuro”.