Leadership Talks – Sarah Bettman e la sfida della diversità, dell’equità e dell’inclusione nel settore vitivinicolo

Maggio 6, 2022

Di Meredith G. Williford – Alumna Global MBA e Board Member del Collegio dei Fondatori della BBS Alumni Association

Le azioni relative alla diversità della forza lavoro e all‘inclusione culturale sul posto di lavoro non sempre danno i risultati desiderati. Da un lato, affrontare la diversità, l’equità e l’inclusione (DEI) può essere uno strumento potente per l’inclusione socio-economica, l’attrazione di talenti e la moltiplicazione del marketing (vedi la campagna Just Do It del 30° anniversario di Nike), mentre in altri casi, può subire il rimprovero di “diversity washing” ed erodere il marchio aziendale.  

Con questi precedenti polarizzati, non è una sorpresa scoprire che molti leader esitano ad agire sul DEI. Il percorso verso l’azione è pieno di sfide. Queste sfide non sono isolate a nessun settore specifico, e certamente non sono riservate alle aziende come Nike. Prendiamo, per esempio, il settore vinicolo italiano.  Ha un’importanza strategica per l’intero sistema agroalimentare italiano e il suo posizionamento è competitivo a livello globale. È caratterizzato da una stragrande maggioranza di PMI, con 40 viticoltori su 157.000 che detengono circa la metà del fatturato del settore.  Per queste PMI, il processo con cui raggiungono i loro obiettivi di responsabilità sociale è informale, non ancora regolato dalla limitata regolamentazione della RSI; tuttavia non sono impermeabili alla coscienza sociale dei dipendenti e dei consumatori. Sapendo questo, i leader si stanno unendo alle aziende multinazionali nel chiedere “come è rilevante il DEI per noi?”, “cosa dobbiamo fare?” e “come possiamo farlo bene?”.  

Sarah Bettman, direttore di Sarah Bettman Consulting, ha affrontato questo tema nel suo recente intervento a Bologna Business School. Sarah ha impegnato gran parte della sua vita nel coaching dei leader e nel guidare le aziende lungo il percorso di definizione delle loro relazioni con il DEI. La sua esperienza di consulenza abbraccia tutto il panorama industriale. Ha creato il programma DEI da zero per uno dei più grandi produttori e importatori di alcolici a livello globale, Constellation Brands, affrontando gli imperativi della cultura organizzativa dei singoli marchi. È in una posizione unica per parlare di molte delle sfide che sono più pertinenti alla responsabilità sociale in Italia oggi. 

Sarah ha focalizzato la lente sull’industria vinicola italiana evidenziando sia le sfide trasversali sia quelle legate al DEI. La sfida centrale per le aziende è bilanciare l’urgenza di agire e la necessità di una strategia chiara. Quando le aziende agiscono senza una chiara strategia, e tentano di agire contemporaneamente su diversità, inclusione ed equità, è più probabile che facciano un passo falso. Invece, le aziende che sono all’inizio del viaggio con il DEI dovrebbero pianificare di dedicare 3-5 anni per affrontare la diversità e l’inclusione e aggiungere gradualmente l’equità, a causa delle profonde sfide strutturali ad essa associate. Con questo backgroung, Sarah Bettmann ha ulteriormente organizzato il tema in cinque sfide e ha condiviso prezio su come possono essere affrontate

LE SFIDE

Sfida numero uno | La gestione dei talenti è più complessa dell’assunzione

Secondo un recente studio il 62% delle imprese europee dedica i propri sforzi all’assunzione e al mantenimento del personale, tuttavia, gestire il talento e coltivare la diversità e l’inclusione all’interno di un’azienda è molto più complesso di così. Nel settore vitivinicolo, il pool di talenti è di per sé limitato non solo da barriere trasversali all’ingresso, ma anche da barriere specifiche. Per esempio, ci sono significative barriere all’entrata per le donne e le persone di colore, una questione che accomuna aziende statunitensi ed europee. Un’altra complessità è la mobilità limitata dai vigneti e dalla vendita al dettaglio ad altre aree del business. Infine, l’accesso al lavoro in questo settore può essere molto costoso e legato a certificazioni che sono socio-economicamente difficili da sostenere. Le aziende dovrebbero riflettere su come spostare le persone che sono già legate al brand nel business e creare percorsi per farle crescere e formarle.

Sfida numero due | Cosa significa davvero una cultura dell’inclusione?

In molti casi, i leader credono di essere inclusivi, così come le loro aziende, ma l’orizzonte di riferimento è molto ristretto. Quindi come definire una cultura inclusiva? Sarah ha evidenziato che anche nel 36% delle aziende europee che dedicano sforzi per creare una aimile cultura, la leadership ha spesso una percezione più ottimistica della cultura aziendale rispetto ad altri all’interno dell’azienda stessa. Questo divario è determinato da dinamiche culturali, di potere e sistemiche, e impone che le aziende esaminino la cultura nella quale si muove la loro forza lavoro, le dinamiche di potere e le dimensioni che rendono “esclusive” le culture “inclusive”. Data la complessità, Sarah ha suggerito che un modo per affrontare questa sfida è quello di garantire che gli esperti e gli strumenti di gestione del cambiamento abbiano un ruolo di primo piano a tutti i livelli di sviluppo e implementazione di misure DEI.

Sfida numero tre | Mancanza di capacità della leadership per portare avanti iniziative DEI

“Non possiamo riparare ciò che non riusciamo a vedere”, ha spiegato Sarah. Chi guida le aziende inclusive deve avere la curiosità e la volontà di espandere il proprio orizzonte di riferimento in modo da poter identificare e convalidare la diversità delle esperienze all’interno della forza lavoro: riuscire a vedere quali sono i gruppi maggioritari o privilegiati, chi sono i gruppi minoritari, e come contribuiscono al permanere di una cultura non inclusiva. Sul campo questo significa vedere i gruppi minoritari e capire le loro sfide in quel momento, in modo che si possano porre le domande giuste, anticipare e rispondere ai bisogni.

Sfida numero quattro | Sfide imprenditoriali nel mercato globale

Una delle più grandi sfide per un approccio DEI è legata al fatto che ci sono diverse misure di successo e nessuna uniformità di standard di pratica. Allo stesso modo, è difficile l’interazione con i fattori ESG (cioè Environmental, Social, Governance, ambientale, sociale e governance), per i quali gli standard concordati e uniformi sono molto limitati. Di conseguenza le aziende si ritrovano a definire il successo da sole o in partnership con organizzazioni simili (come i consorzi, nel caso del settore vinicolo italiano). In quest’ottica Sarah ha spiegato che è giusto che i leader e le loro aziende abbiano un punto di vista e un’ambizione rispetto agli obiettivi DEI, nel contesto di quella che è la loro pianificazione strategica.

Sfida numero cinque | Mancanza di un punto di vista aziendale

Infine, forse la più critica delle sfide è l’assenza di un vero punto di vista aziendale. Che cosa significa? Secondo Sarah questa prospettiva può emergere solo a partire dai valori aziendali.Quando le azioni DEI non sono guidate da valori e da una visione, le aziende rischiano di stare semplicemente “spuntando la casella”. Se invece le aziende si basano sui loro valori possono rispondere alle sfide esterne con integrità e autenticità. In breve, le aziende dovrebbero “iniziare dal punto in cui si trovano”.

L’IMPERATIVO DELLA LEADERSHIP NELLE ORGANIZZAZIONI

Per attivare culture di inclusione, è essenziale una leadership forte e coesa. Sarah ha definito diversi imperativi di leadership per le organizzazioni: 

Imperativo numero uno | Strategia – Per un’azione di successo, sostenibile e significativa sugli aspetti DEI, le organizzazioni dovrebbero concentrare i propri sforzi su strategia aziendale, missione e valori. I leader devono allineare i loro valori e la promessa del brand per definire cosa significa “cultura inclusiva” nelle loro organizzazioni. Una volta stabilita questa visione, possono tracciare la strategia necessaria per arrivarci.

Imperativo numero due | Leadership – Le aziende devono investire risorse nello sviluppo dei leader. Le aziende devono dare priorità alla individuazione e allo sviluppo di leader che fungano da modello e promuovano comportamenti che riflettono i valori e diffondano la cultura dell’inclusione. Valorizzare e riqualificare i leader attuali e promuovere, assumere e sviluppare nuovi leader richiede tempo, investimenti e, spesso, cambiamenti nella composizione della leadership stessa.

Imperativo numero tre | Agenti del cambiamento – Le organizzazioni devono selezionare attentamente chi è responsabile della guida della strategia e delle iniziative DEI. È qui che dovremmo tutti fermarci un istante. Se un’organizzazione il cui senior management è composto interamente dal gruppo che detiene più potere (nel mondo del vino italiano, parliamo di uomini italiani bianchi) è opportuno che venga chiesto a qualcuno del gruppo con meno potere di essere responsabile di promuovere il cambiamento? La maggior parte delle volte la risposta è no, perché generalmente chi ha meno potere ha meno capacità di influire. Invece di chiedere ai gruppi sottorappresentati di guidare la strategia, le organizzazioni possono concentrarsi sul creare una leadership inclusiva e responsabile dell’ascolto e delle raccomandazioni dei gruppi minoritari.

Imperativo numero quattro | Definire e Responsabilizzare – Definire cosa sia il successo e ritenere noi stessi, i nostri team e le nostre organizzazioni responsabili del raggiungimento di tale successo. Come ha detto Sarah, “ciò che permettiamo, lo promuoviamo”. Per portare avanti istanze DEI dobbiamo definire gli standard che intendiamo perseguire e responsabilizzarci l’un l’altro.  Per fare questo, possiamo chiederci “quali comportamenti renderebbero un’esperienza incredibilmente inclusiva all’interno del mio team”, e “come possiamo creare regole di base che seguiamo e alle quali possiamo chiedere conto l’un l’altro”. Dovremmo rispondere a queste domande, rendere operativi gli standard all’interno dei nostri team, e poi portare il meglio di questi nelle interazioni con altri team. Attraverso questa promessa di definizione degli standard e delle responsabilità possiamo diffondere il cambiamento all’interno dell’organizzazione.

LEADERSHIP, DOVE COMINCIARE

Il contributo finale di Sarah è stata una riflessione sulla nostra responsabilità individuale, in quanto leader, di definire il rapporto che abbiamo con diversità, equità e inclusione. In che modo, a livello individuale, possiamo sviluppare una mentalità e dei comportamenti tali da sbloccare la nostra capacità di guidare in modo inclusivo e creare una cultura inclusiva? Dopo tutto il nostro contesto di riferimento inizia sempre con l’io, ed è esattamente da lì che dovremmo iniziare. Ha istruito gli studenti su come avvicinarsi a questa riflessione, e ha fornito alcune domande guida per i leader:

Riflessione numero uno | Qual è il mio contesto individuale?

Secondo un recente studio McKinsey citato durante il talk, la capacità cognitiva di capire i propri pregiudizi, di adottare prospettive diverse, di ascoltare attivamente e di porre le domande giuste sono abilità fondamentali per partecipare con successo al futuro del lavoro. Allo stesso modo, la capacità interpersonale di promuovere l’inclusività, di modellare i comportamenti apprezzati e di sviluppare relazioni basate, in parte, sull’umiltà e l’empatia risultano essenziali.

Ci sono molti modi per conseguire queste abilità e Sarah ha consigliato ai leader di iniziare con riflessioni guida, come le seguenti:

  • Chi sono e come sono cresciuto; in che modo questo influenza il modo in cui mi impegno rispetto alle istanze DEI?
  • Quali sono alcuni possibili pregiudizi che ho per via di come sono cresciuto?
  • Dove ho privilegi o vantaggi? Dove non ho privilegi o vantaggi?
  • Qual è stata la mia esperienza con qualcosa di diverso?

Riflessione numero due | Quali sono state le mie esperienze di comunità?

Le nostre esperienze di comunità modellano la maniera in cui ci relazioniamo con gli altri. Un ritornello comune sui luoghi di lavoro è “le mie convinzioni personali non influenzano il modo in cui interagisco con gli altri al lavoro, sono professionale” o “come manager, non mi interessa quali esperienze di vita o caratteristiche hanno i membri del mio team, basta che siano professionali e facciano il loro lavoro”.

Queste frasi ricorrenti danno per scontato o presuppongono una definizione condivisa di “professionalità” e ignorano con disinvoltura i pregiudizi che modellano ciò che valutiamo quando giudichiamo come (e perché) “il lavoro è fatto”. Porsi domande del tipo “in che modo il luogo in cui sono cresciuto e dove vivo ora influenza il modo in cui vedo o penso alle cose?” e “a quali organizzazioni sono appartenuto che hanno influenzato la mia prospettiva?” può aiutarci a scoprire come misuriamo e percepiamo le nostre azioni e quelle degli altri sul posto di lavoro.

Riflessione numero tre | All’interno della mia azienda, dove ho influenza e autorità?

Infine, Sarah ha chiesto agli studenti di riflettere su influenza e autorità. Questa riflessione è utile in molti modi, ma in particolare nello sviluppo di mentalità e comportamenti di allyship. Quando si valuta il proprio rapporto con le istanze DEI, che si parli di leader di un’organizzazione o di collaboratori con un’autorità minima nell’organizzazione, dovremmo chiederci dove abbiamo un vantaggio rispetto agli altri. Facendo un passo oltre il vantaggio, possiamo chiederci dove possiamo influenzare gli altri, modellare i comportamenti e guidare il cambiamento. Possiamo poi chiederci: quali sono i valori dell’organizzazione? E infine, a che punto è la mia organizzazione nel suo viaggio DEI, che aspetto ha la diversità all’interno dell’organizzazione, chi si sente incluso nell’organizzazione e cosa significa, e le persone sono trattate in modo giusto ed equo?

PER CONCLUDERE, non è solo il settore del vino che sta vivendo sfide nell’adottare principi DEI. In un mondo ideale, le aziende vengono concepite, concettualizzate, organizzate per strategie e rese operative per offrire un valore unico e differenziato rispetto alle altre all’interno del loro ambito competitivo. E mentre ogni azienda nella filiera del vino è unica, Sarah ha dimostrato che le sfide vissute dagli attori dell’industria del vino sono più trasversali che uniche: sia all’interno dell’ecosistema del vino che nel contesto di altri settori industriali.

Se vogliamo risolvere sfide come la creazione di percorsi dai vigneti all’azienda, definendo che aspetto hanno diversità e inclusione per i brand a conduzione familiare, e rimuovendo le barriere all’ingresso in questo settore per coloro che sono emarginati per genere, identità di genere, appartenenza etnica e socioeconomica, le aziende possono iniziare con questi tre principi guida:

  1. Dare priorità a autenticità e integrità.  Definire i valori dell’azienda e come questi valori sono comunicati agli stakeholder. Quando le aziende sono consapevoli dei propri valori possono guardare alle loro comunità di stakeholder interni ed esterni e articolare più chiaramente e autenticamente l’effetto che vogliono che abbiano i programmi DEI. 
  2. Attivare la Leadership.  Attivare mindset e skillset all’interno della leadership che riflettano i valori dell’organizzazione e che siano adattati alle caratteristiche culturali desiderate. Verranno commessi degli errori e la crescita potrebbe essere impegnativa, ma il risultato di questa attivazione è il motore del cambiamento.
  3. Favorire l’inclusione, puntare sulla diversità. Una cultura inclusiva è la condizione essenziale per ottenere una forza lavoro prospera e diversificata. Parallelamente, le aziende dovrebbero concentrarsi sull’inclusione per garantire che la diversificazione della forza lavoro raggiunga i risultati desiderati.

Con questi principi a indirizzare la conversazione forse i leader non esiteranno a pronunciare le parole “diversità” o “inclusione” quando si parla di business in una stanza affollata e le aziende potranno mettersi al lavoro per ottenere risultati migliori per le persone, il brand e tutti gli stakeholder.

“Do the best you can until you know better. Then when you know better, do better

Maya Angelou



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