Se alcuni decenni fa l’apertura delle aziende verso i mercati stranieri era una scelta strategica, oggi è la conditio sine qua non della loro sopravvivenza. Un’economia nazionale stagnante, la concorrenza, la pressione fiscale, sono solo alcuni degli elementi che rendono, oggi, imprescindibile la presenza di un azienda su mercati diversi da quello domestico.
L’industria italiana si divide, secondo il Rapporto Export 2016/19 di SACE, tra il 29% di micro e piccole imprese che competono su territori stranieri, e il rimanente 71% di aziende poco propense a varcare i confini nazionali. Il numero delle medie imprese operanti fuori dall’Italia cresce ad un stabile 49%. Numeri, che ci raccontano meno del dovuto se non confrontati con quelli di altri paesi dell’EU: in Spagna, ben il 47% delle aziende tra i 10 e 49 dipendenti opera su mercati esteri, il 47% in Germania. Parlando di aziende di medie dimensioni, tra i 50 e 249 dipendenti, la percentuale sale al 68% in Germania e all’85% in Spagna.
Come emerge dai dati, l’internazionalizzazione è un processo necessario, ma soggetto ad una difficoltà non semplice da aggirare: la multiculturalità. Non sono solo le differenze legislative e fiscali ad influire sulla buona riuscita delle trattative transnazionali, ma giocano un ruolo importante anche le usanze, credenze e regole di comportamento che differiscono da paese a paese. La prosemica, le regole sociali, i valori, l’utilizzo del tempo, l’approccio interpersonale, costituiscono solo alcuni degli elementi che devono essere tenuti costantemente in considerazione.
“L’impresa che cresce culturalmente ha maggiori possibilità di riscontrare effetti positivi nel proprio business. E’ importante comprendere la multiculturalità. Tra alcuni popoli la differenza è minima, tra alti è abissale e li si gioca il successo della trattativa,” dice Alessandro Lelli, Professore di B2B Marketing presso BBS e Consulente di Direzione, intervenuto al workshop Perché internazionalizzare? I vantaggi per l’impresa, tenutosi a Villa Guastavillani il 20 settembre.
L’internazionalizzazione comporta molteplici fattori positivi, dalla diversificazione del rischio allo sfruttamento delle economie di scala, fino ai vantaggi fiscali. Pur considerando la portata dei vantaggi, l’internazionalizzazione deve sempre nascere dalla strategia aziendale. Nel caso l’azienda non si reputi ancora pronta ad affrontare i mercati esteri, la strategia aziendale deve prevedere una crescita tale da consentirle, in futuro, questo sviluppo.
Affrontare la sfida dell’internazionalizzazione è una questione di metodo. E’ necessario un dettagliato piano export, fondamentale anche per l’accesso alle possibilità di credito e finanziamento. L’internazionalizzazione d’impresa è un lungo processo d’apprendimento e di crescita organizzativa che deve attraversare tutti i livelli dell’azienda, cambiandola nel tempo e aumentandole il valore percepito dai clienti nei mercati esteri.
In un’economia globale la capacità di competere su scala internazionale è fondamentale per il successo dell’impresa. L’International Business Strategy Program di Bologna Business School ha l’obiettivo di fornire a manager e imprenditori le competenze utili a definire efficaci strategie di sviluppo attraverso l’internazionalizzazione delle proprie attività. Il programma affronta gli aspetti commerciali e di marketing, legali, fiscali, culturali, organizzativi, gestionali sottesi alla realizzazione di un’efficace strategia di internazionalizzazione dell’impresa.