Product & Trade Marketing

Giugno 4, 2024

Intervista a Marco Repezza, Senior Business Consultant di Trade Marketing Studio, ha partecipato a diversi progetti di Category Management presso Conad s.c.a.r.l. e di global key accounting per altri distributori internazionali. È Direttore Marketing e Trade Marketing di Italpizza SpA.

In BBS insegna Web marketing B2B e B2C, Key account management and trade marketing e Retail management & e-commerce nel Professional Master in Business Administration.

 

Oggi si sente tantissimo parlare di marketing associato a termini che lo specializzano e spesso rendono complesso per i profani comprendere cosa operativamente si intenda. Cosa vuol dire oggi fare trade marketing?

Marketing a volte è un termine piuttosto abusato, usato genericamente e retaggio del passato per indicare esclusivamente le attività di comunicazione e del mondo pubblicitario.

Negli anni, con la specializzazione delle funzioni aziendali e la formazione di alto livello, questo modo di considerare il marketing è radicalmente cambiato e si è necessariamente segmentato.

Il marketing è una disciplina che entra in ogni aspetto del business e dell’impresa, partecipando attivamente in qualunque area aziendale. Citando le parole di una mia cara amica professionista: “In un’azienda TUTTI fanno marketing”

Il Trade Marketing in particolare nasce a metà anni ’90 e oggi ha “il suo ufficio” e competenze specifiche in quasi tutte le grandi aziende del largo consumo confezionato. Per alcune aziende – come nel mio caso, con Italpizza – è parte dominante del DNA aziendale. E’un “modus operandi” più che un dipartimento.

Ma cosa significa Trade Marketing? Operare in modo multidisciplinare e direzionale mettendo al centro la soddisfazione del cliente distributore. Non parliamo quindi del consumatore finale, ma di quel cliente – grossisti, distributori, catene organizzate – che ha un fortissimo potere contrattuale, concentrato quindi in pochi soggetti.

Entrano in gioco non solo competenze commerciali, ma anche gestionali: occorre saper analizzare in profondità canali di vendita, le performance di prodotto, ma anche il cliente, conoscere e tenere in condizione la natura stessa delle aziende clienti con cui si collabora. Partecipare inoltre alla pipeline di sviluppo prodotto includendo queste esigenze, principalmente legate all’ottimizzazione, alla rotazione dello stock e alla valorizzazione dello spazio fisico di vendita. È una cultura aziendale, un trait d’union, una disciplina che cerca di far conciliare le esigenze del brand con una gestione efficiente del commerciale per la clientela intermedia.

 

Cosa intendiamo con Product Marketing e come possono esserci delle “norme” generali che regolano il marketing per prodotti estremamente diversi tra loro?

La strategia complessiva rivolta al prodotto e oggi universalmente riconosciuta è ancora legata alle famose “4p” del marketing: prodotto, prezzo, posizionamento, promozione.

Tutte le regole del marketing sono ancora valide, ma cambia la loro declinazione a seconda della categoria: occorre approcciarsi diversamente a un prodotto a seconda che sia una commodity o un acquisto saltuario, che sia un prodotto alimentare o un bene di lusso, perché diverso è l’approccio e il ruolo percepito sia dal distributore che dal consumatore. E aggiungerei dallo shopper.

Si tratta, alla fine, di capire a monte il placement – contestuale di categoria e fisico – del prodotto e operare di conseguenza a cascata.

 

Qual è il percorso formativo secondo lei migliore per arrivare a essere pienamente consapevoli delle tecniche e degli strumenti necessari per avere un impatto positivo nel Trade Marketing, oggi?

Il Trade Marketing Manager è un professionista “di numeri e dati”: l’aspetto analitico, le competenze solide di analisi delle performance di mercato (sell-out), dei dati di acquisto e del mix di portafoglio (sell-in) devono essere estremamente avanzate.

Ai tool legati alla base analitica dei dati, occorre affiancare competenze aziendali di comprensione del flusso delle merci, quindi anche di elementi di tipo logistico: pipeline del prodotto, come funzionano i canali e i vari format di vendita (store-format), fino a come il consumatore agisce nel negozio (lo shopper), o davanti a un sito online.

Poi, c’è un importante aspetto di negoziazione: servono competenze di accounting e commerciali per ottenere i migliori risultati nel dialogo con i pochi decision maker che concentrano molto potere contrattuale.

 

La sua esperienza in Italpizza, enorme azienda in continua espansione, è esempio di una storia di successo: qual è il suo punto focale? Cosa ne ha determinato la riuscita?

Il grande successo è stato aver meglio interpretato e più velocemente, rispetto ad altre aziende competitor, sia aspetti di marketing, come aspettative del consumatore, elementi competitivi sul prodotto e in generale di category, sia il servizio alla clientela in condizioni e tempi adatti alle crescenti esigenze della Grande Distribuzione. In sintesi: ha sempre posto “entrambi” i Clienti, consumatore e distributore, al centro di ogni decisione e strategia; altro “slogan aziendale” piuttosto abusato, ma di complessa applicazione.

Il successo di Italpizza non passa attraverso un’esplosione di mercato, ma deriva da un grosso investimento nella grande distribuzione. L’acquisizione, attraverso la distribuzione, dello spazio scaffale necessario ha creato l’awarness per il mercato e, quindi, per il cliente finale, in un momento in cui la comunicazione aziendale era ancora in una fase di introduzione.

Altro aspetto fondamentale è stata l’incredibile velocità di innovazione: abbiamo mantenuto un tasso di introduzione delle novità ampiamente superiore rispetto ai competitor.

Personalmente, posso dire che oltre a mettere in campo le competenze necessarie, ho creduto nel competere a testa bassa inseguendo in maniera determinata una chiara visione, avendo avuto anche la fortuna di incontrare un imprenditore illuminato che ha condiviso ogni scelta strategica. In questi casi la partecipazione del vertice aziendale e la delega verso un management professionalizzato è un aspetto fondamentale per una crescita rapida.

 

Qual è la figura del Trade Marketing Manager nel mercato azionale e internazionale oggi?

Tutto quello che è trade marketing avrà una crescita di importanza sempre maggiore nello scenario lavorativo: la concentrazione dei canali e dei volumi saranno al centro delle strategie aziendali, sia in Italia che sul mercato globale.

Non credo che il ruolo si trasformerà, ma marketing e commerciale dovranno acquisire maggiori competenze orientate al Trade Marketing: più che un ufficio, diventerà sempre più la condivisione di strumenti e una cultura aziendale che influenzerà tutte le attività e tutte le funzioni aziendali.

Se si pensa solo al marketing, allo sviluppo di strategie di comunicazione e al prodotto dimenticando il placing, tutto il lavoro perde di importanza, perché la realizzazione stessa dell’impresa è a rischio: il miglior prodotto del mondo, posto senza cura, dignità di spazio e supporto adeguati su un scaffale è solo un pezzo da museo.

Lo studio di una disciplina “viva” come il Trade Marketing deve essere affidata quindi a professionisti in stretto contatto col mercato, per questo Bologna Business School è in grado di offrire Master che sono un vero e proprio accesso privilegiato alla disciplina e al mondo del lavoro.

La Scuola, impostata fin dalla sua nascita sull’offerta di un sapere pragmatico derivante dalle richieste delle aziende, fa del suo network internazionale la chiave di un aggiornamento costante verso innovazione e trend per fornire tutti gli strumenti necessari ad avere da subito un ingresso efficace nel mondo del business.



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