Afsoon Neginy, COO and Sustainability Director in AGF88 Holding e Alumna dell’Executive Master in Sustainability and Innovation in BBS, è tra le 100 donne di successo di Forbes 2021 e ha da poco ritirato il Pambianco Award “Le quotabili 2021” a nome della sua azienda. Il riconoscimento viene assegnato alle imprese italiane dei settori Fashion, Beauty, Design e Wine che possiedono le caratteristiche economiche, finanziarie e di posizionamento per essere quotate in Borsa con maggior successo in un orizzonte temporale di 3/5 anni.Afsoon sembra essere l’incarnazione dell’ideale di eccellenza Made in Italy: creatività, intuizione, curiosità, flessibilità e spinta verso l’innovazione non sono solo le caratteristiche del suo stile manageriale, ma anche una parte del suo modo di essere. Ecco perché le abbiamo chiesto di raccontarci il suo punto di vista sulla formazione, sul futuro e sulla sostenibilità.
Partiamo dalla sua straordinaria carriera. Ci può riassumere il suo percorso professionale?
Mi sono trasferita in Italia all’età di 18 anni, frequentando inizialmente l’Università per Stranieri di Perugia e proseguendo poi gli studi presso l’Università di Ferrara, dove ho conseguito la Laurea in Farmacia nel 1986. Presso la stessa università, ho poi scelto di specializzarmi con un Master in Scienze e Tecnologie Cosmetiche. Ho proseguito il mio percorso formativo frequentando i più importanti corsi di marketing e general management in Italia, presso la SDA Bocconi, la scuola di Palo Alto e di Milano, Bologna Business School e ho frequentato la London Business School. Ho integrato la mia formazione manageriale con l’interesse per i temi di digitalizzazione e sostenibilità, conseguendo un Master in Digital Disruption presso l’Università di Cambridge e, naturalmente, il Master in Sustainability and Innovation in Bologna Business School. Dopo un inizio di carriera in laboratorio, nell’ambito dell’R&D, nel 1994 vengo nominata Direttore Marketing presso Davines, proseguendo poi nel 1996 come Direttore Ricerca e Sviluppo in Cosmoproject. Dal 1998 al 2014 comincia la mia esperienza all’interno di Colomer Italy (spin-off professionale del gruppo Revlon, successivamente acquisito da un fondo) prima come Direttrice Marketing del brand Intercosmo, poi come Direttrice della divisione Revlon e American Crew e, infine, come Business Director del brand Intercosmo. Nel 2013, ho vinto il Premio Internazionale Profilo Donna, un riconoscimento distintivo di professionalità e impegno nel proprio settore lavorativo.
Da marzo 2014 a giugno 2018 ho rivestito il ruolo di Amministratrice Delegata e Direttrice Generale di Beautyge Italy, filiale italiana del gruppo Revlon, multinazionale statunitense e leader nel settore cosmesi. Da settembre 2019 sono Chief Operating Office Business & Sustainability Director di Agf88 Holding, uno dei principali gruppi italiani specializzati nell’hair & skin care.
So che il fatto di avere una laurea scientifica, con un background come farmacista e cosmetologa, può essere considerato un po’ insolito per una persona che lavora nella Direzione Generale, ma per me è stato invece un grande e distintivo valore aggiunto. Per finire di raccontarmi, nel 2021 divento fondatrice e presidente dell’associazione Women4Beauty, un’iniziativa che sostiene la crescita professionale delle donne di tutte le età nell’ambito di leadership ed empowerment. Sempre l’anno scorso, sono stata inserita fra le 100 donne di successo nella rivista Forbes.
Quale pensa che sia stato il valore aggiunto, nell’ambito della sua carriera, del percorso fatto in BBS con l’Executive Master in Sustainability and Innovation?
Ho vissuto l’Executive Master in Sustainability and Innovation come un ponte tra la mia formazione, che come dicevo, è in ambito S.T.E.M. e la mia carriera nel mondo Business. È stato un percorso molto utile perché mi ha dato un metodo e mi ha offerto degli strumenti per impostare un percorso sulla Sostenibilità nell’azienda per cui lavoro. Sono stati due anni durante i quali ho raccolto molti spunti interessanti, non solo teorici, ma anche pratici, e ho avuto la possibilità di mettere a terra la strategia di innovazione sostenibile che è oggi uno dei nostri obiettivi aziendali. Era infatti arrivato il momento di implementare nuovi modelli di business a sostegno della nostra decisione di riposizionamento e di internazionalizzazione.
Lei lavora in un settore, quello del Beauty, in cui la sostenibilità può diventare un fattore chiave in varie fasi della filiera. Quali sono i margini per non cadere nel greenwashing e facilitare in modo concreto una transizione tutt’altro che semplice e immediata?
Il settore Beauty negli anni ha fatto dei passi molto importanti comprendendo la differenza tra naturale e sostenibile, due percorsi diversi che necessitano di forme di comunicazione differenti. L’origine naturale di un ingrediente non sempre rende il prodotto sostenibile, mentre quando si parla di sostenibilità si entra in un percorso più ampio, che parte dalla progettazione del prodotto fino a tutta una serie di azioni collaterali. Trovo quest’ultimo un progetto molto più completo e sono convinta che oggi anche le persone che comprano i prodotti abbiano iniziato a dare il giusto valore a questa tematica. Consideriamo che, rispetto alla sostenibilità, l’impatto di un prodotto è dato per il 40%, dal modo in cui l’utente lo usa e qui entra in gioco l’importante ruolo che le aziende hanno, attraverso la formazione, di educare all’utilizzo dei prodotti. Un altro 20% è dato dall’ambito innovation, in particolare rispetto alla scelta del packaging, mentre per il restante possiamo annoverare le formule e la maggiore o minore biodegradabilità dei suoi ingredienti. Se in passato per parlare di un prodotto “naturale” bastava mettere una bassissima percentuale di un ingrediente naturale o olio essenziale, oggi valutiamo il prodotto a 360° nella sua filiera, senza tralasciando alcun aspetto e valutando la capacità di rigenerazione di tutto il processo. Basti pensare, solo per fare un esempio, a quanta acqua si può sprecare per lavarsi i capelli o per farsi la doccia, oppure all’impatto del trasporto o dei costi di energia in fase di produzione. Mi fa sorridere vedere che oggi si torni a utilizzare tecnologie, come i saponi, le polveri o i prodotti anidri, di 20 o 30 anni fa, che erano andate in disuso e che invece ora sono tornate utili.
Per concludere, penso che in questo momento ci siano pochi margini di greenwashing: è ovvio che c’è sempre il rischio di abusare della parola sostenibile (che si è sostituita alla parola naturale), tuttavia, grazie alle certificazioni e alle leggi che impongono sempre più limiti, la comunicazione è diventata più verificabile e trasparente.
Lei ha un background di studi e di carriera decisamente internazionale. Dal suo punto di vista, a che punto è il sistema aziendale italiano in termini di sostenibilità e innovazione?
Sappiamo che l’italia, oggi, non viene menzionata tra le top delle aziende sostenibili. Nell’ambito Beauty molto si sta facendo e nella cosmesi il mercato italiano ha comunque un ruolo importante. Per quanto riguarda il make-up circa il 65% della produzione mondiale avviene nel nostro Paese, all’interno di aziende conto terzi. Anche nel mondo dei capelli, soprattutto in Europa in ambito professionale, abbiamo un’altra importante fetta del mercato, rappresentato dalle nostre realtà industriali.
L’innovazione in termini di sostenibilità è uno dei 5 trend più importanti. Oggi tutte le aziende cosmetiche, oltre ad aver intrapreso una profonda evoluzione dei canali distributivi con l’introduzione dell’e-commerce, stanno concretamente lavorando in percorsi verso la sostenibilità. Quindi direi che, almeno nel mondo della bellezza, l’Italia nel brevissimo avrà un ruolo molto importante.