Riccardo Rossini e il futuro del mercato del lavoro

Giugno 7, 2018

Egon Zehnder, la più grande società privata di ricerca di profili executive a livello mondiale, si definisce un’azienda ‘boutique’, una realtà relativamente piccola ma di respiro internazionale. Operando come una singola unità, con una metodologia coerente e un unico centro di profitto, Egon Zehnder è equamente posseduta da 236 partner, con oltre 420 consulenti che lavorano in 69 uffici e 41 paesi. È da questa realtà che arriva Riccardo Rossini, Partner della società dal 2000 e ospite del quinto Innovation Talk dell’edizione primaverile, dedicato al tema delle attuali trasformazioni del mercato del lavoro e del loro impatto sulle pratiche di recruiting dei talenti in ambito manageriale.

 

Guidare il vantaggio competitivo attraverso i leader è l’obiettivo che Egon Zehnder si pone nella propria attività di ricerca e selezione. Obiettivo non semplice da raggiungere ai tempi della globalizzazione, dove la competizione per i talenti si fa sempre più pressante. “Abbiamo chiesto agli amministratori delegati di tutto il mondo se la loro linea di successori fosse pronta. In Europa e negli Stati Uniti almeno un terzo dei CEO afferma di non riuscire ad individuare un successore, mentre in Asia addirittura 1 su 2,” racconta Riccardo Rossini alla Community di BBS presente all’evento in Villa Guastavillani.

 

La globalizzazione ha trasformato profondamente il mercato del lavoro, rendendo possibile un lavoro sempre più indipendente dalle aree geografiche di provenienza e dando ai talenti l’opportunità di crearsi carriere su misura anche al di fuori del contesto aziendale. Dall’altra parte, l’abbattimento delle barriere geografiche ha permesso anche alle grandi aziende di muoversi fuori dai loro mercati domestici nel reclutamento della forza lavoro. Nel 2004, solo 8 aziende cinesi figuravano nell’Index of Fortune 500, mentre ad oggi sono ben 115. Huawei, ad esempio, ha 7.700 dipendenti con sede in Europa, il 70% dei quali reclutati localmente.

 

L’impatto trasformativo sulle persone e sulle loro scelte di carriera non arriva però solamente dal mercato globale ma anche da altri trend che influenzano il mercato del lavoro. L’invecchiamento demografico comporta una flessione della popolazione lavorativa e, di conseguenza, un minor numero di talenti a disposizione. Inoltre, a modificare la nostra percezione del lavoro è anche la tecnologia, la quale rende possibile il telelavoro, mette a disposizione il potenziale dell’automazione e incentiva la disintermediazione.

 

Vivere in una realtà volatile, incerta, complessa e a tratti anche ambigua, porta le persone a modificare il modo di guardare al loro percorso lavorativo. “Non si tratta più di fare carriera, si tratta di trovare un equilibrio. Non si tratta più di soldi, ma di quanto tempo libero ho e di come lo impiego. Non si tratta di quanto guadagno o del profitto della mia azienda, ma del tipo di impatto che ho nel mondo,” spiega Rossini. I nuovi valori che nascono dagli individui, raggiungono anche le aziende, che devono essere capaci di tenerne conto. Valutare i percorsi e i curricula delle persone attraverso i vecchi paradigmi porta subito ed inevitabilmente fuori strada.

 

Il lavoro, per come lo conoscevamo fino a pochi anni fa, non esiste più oppure sta gradualmente scomparendo. In futuro, il successo e la competitività delle aziende dipenderà dalla loro capacità di andare incontro alle esigenze delle nuove generazioni di lavoratori che richiederanno sempre più mobilità e flessibilità (al fine di gestire un miglior bilanciamento tra carriera e vita personale), così come la possibilità di avere un impatto positivo sul mondo, in contrapposizione al paradigma della carriera verticale, vero sacro graal per le passate generazioni. Se un tempo i lavoratori esterni erano generalmente tali non per loro volontà ma per logiche aziendali, con un basso profilo e reclutati localmente, oggi il panorama della forza lavoro estesa è completamente diverso. Negli Stati Uniti, ad esempio, il 20-35% degli occupati non è dipendente dell’azienda per la quale lavora. Grazie ad una connessione globale sempre più capillare, i professionisti di tutto il mondo possono scegliere di costruire una carriera indipendente da un contratto di lavoro a tempo pieno.

 

Cambiamenti strutturali ma anche di approccio al mondo del lavoro, che rendono i lavoratori sempre più esigenti rispetto al passato, poiché non si riconoscono nei ruoli preformati né si sentono a loro agio in stretti recinti definiti da compiti da eseguire a ciclo continuo, sempre nel medesimo modo.

 

In un mercato del lavoro dove l’individuo acquista una forza e un’unicità inediti, cambiano anche le skill principali richieste al management. “Il modo in cui gestisci le persone è ciò che fa davvero la differenza. Il potenziale di un futuro manager è incentrato sulla curiosità, l’intuizione, l’impegno e la determinazione, ma i rapporti sono quelli che tengono in vita le organizzazioni. Se non sei in grado di coinvolgere le persone con cui lavori, perderai i talenti migliori,” racconta Riccardo Rossini.

 

È opinione diffusa che bastano i primi 5 secondi determinare una prima impressione, buona o cattiva che sia. Secondo Rossini, se il modo in cui parliamo o ci sediamo durante un colloquio fanno la differenza, vuol dire che non abbiamo di fronte un buon intervistatore. “Quello che deve contare di più è la sostanza, non l’impatto iniziale ma la sostanza. E la sostanza è una somma delle esperienze vissute, delle competenze sviluppate, del potenziale e della capacità di imparare, così come della capacità di lavorare con gli altri”.

 

In questo processo di trasformazione giocano un ruolo importante anche le istituzioni che si occupano di formare i futuri manager, le quali devono iniziare ad educarli alla flessibilità, all’agilità ed alla capacità di imparare dagli altri, piuttosto che non continuare a trasmettere nozioni. La capacità di lavorare con gli altri e di sviluppare empatia, saranno infatti fondamentali in un futuro nel quale le aziende inizieranno a guardare alle organizzazioni in modo nuovo: da verticale e basate sulle gerarchie a orizzontale e basate sull’ingaggio trasversale, focalizzandosi non più sul comando ma sul coinvolgimento. Non si tratta semplicemente di una nuova tendenza ma di un profondo mutamento del modo in cui le persone guardano alla propria vita. E al proprio percorso di crescita professionale.



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