La difficile rincorsa del packaging sostenibile

Chiara Vagnini, Mariolina Longo, Matteo Mura, Sara Zanni Dicembre 10, 2021 5 min di lettura

Copertina report
La sostenibilità ambientale passa anche dalla riduzione drastica degli sprechi negli imballaggi. In Italia, un quarto circa dei rifiuti solidi urbani, secondo cifre del Conai, il consorzio nazionale imballaggi, deriva dai rifiuti da packaging. Ma come possono rispondere le imprese nella progettazione e nella realizzazione dell’imballaggio dei propri prodotti a questo problema che coinvolge produttori, molti dei quali concentrati nel distretto del packaging di Bologna, e utilizzatori? E cosa succederà di fronte a regole sempre più stringenti?

Un’indagine svolta su un vasto campione di 3928 aziende dal Sustainibility Measurement and Management Laboratory (SuMM), che fa parte del Centre for Sustainability  and Climate Change della Bologna Business School, rivela che in un caso su quattro le imprese vanno al di là degli obblighi di legge per quanto riguarda i processi di riciclo, ma utilizzano invece solo marginalmente altre quattro pratiche che possono contribuite alla sostenibilità del packaging. L’analisi indica inoltre i prossimi passi per le imprese stesse, ma anche per le politiche che influenzano quest’attività.

Le notizie migliori vengono dal fronte dei processi di riciclo, sui quali vi sono obblighi indicati in Italia da due norme, del 2006 e del 2020: il 24% delle imprese del campione ha già messo in atto precise azioni, anche al di là di quanto richiesto dalla normativa, che riprende tra l’altro due direttive europee del Circular Economy Package. Le altre possibili aree di intervento però vedono una risposta marginale da parte delle imprese: solo fra il 4 e il 7% degli interpellati utilizzano materie prime secondarie, cioè materiali derivanti dal riciclo, oppure materiali biodegradabili (con l’esclusione quindi della plastica e dei suoi derivati) per il packaging dei propri prodotti, oppure recuperano e riutilizzano il packaging, oppure hanno dei piani di implementazione di ulteriori pratiche nei prossimi 5 anni.

Grafica report 2

L’indagine del SuMM rivela anche notevoli disparità a livello regionale, con Emilia-Romagna e Abruzzo le regioni più virtuose, e un’alta percentuale di utilizzo di materiali biodegradabili in Italia meridionale, ma questo potrebbe attribuirsi al fatto che la maggior parte delle imprese interpellate in quest’area operano nell’agri-business, dove è diffuso l’utilizzo di imballaggi di cartone e di cassette da frutta riutilizzabili.

Più rilevante appare la differenza fra i settori dell’economia. L’industria agroalimentare è molto attiva su questi temi, forse anche per la sua esposizione ai clienti finali, fra i quali sta crescendo la sensibilità ai problemi della sostenibilità, e si distacca nei dati rispetto ad altre. Altri settori dove le pratiche più virtuose nel packaging sono maggiormente diffuse sono l’industria chimica di base, la farmaceutica, i fertilizzanti, la produzione di vetro e quella di pneumatici. I capofila nei rispettivi settori sono Ferrero, Versalis, Baxter, Bormioli Rocco e Michelin.

La fotografia della situazione in Italia mostra ancora molti ritardi: meno del 15% delle imprese italiane ha sviluppato dei processi di sostenibilità e il packaging sostenibile a livello industriale è stato adottato da un 4-6% delle imprese. In una fase in cui le regole diventano più stringenti, il raggiungimento degli obiettivi può diventare problematico. L’Unione europea ha individuato l’eliminazione degli sprechi nel packaging, in particolare l’uso della plastica, come una priorità e punta all’obiettivo ambizioso di un packaging al 100% riutilizzabile o riciclabile entro il 2030.

I prossimi passi suggeriti dal SuMM diventano quindi urgenti. Per le imprese, l’implementazione di nuovi strumenti manageriali come il Life Cycle Assessment e le strategie di eco-design, così come il coinvolgimento della catena di fornitura. Gli obiettivi di sostenibilità del packaging andrebbero integrati nella valutazione delle performance aziendali. A livello di sistema industriale, va comunicata l’economia circolare come opportunità di business che possa offrire una risposta non solo a una normativa sempre più stringente, ma anche alla domanda di consumatori più consapevoli.

Il percorso delle imprese andrà però anche supportato e incoraggiato dalle scelte a livello di policy: da un lato con sistemi incentivanti, come crediti d’imposta o la creazione di piattaforme digitali per le materie prime secondarie, dall’altro con la riduzione della frammentazione normativa. C’è bisogno di regole semplificate e che si traducano in linee guida operative. Solo così si diffonderanno le pratiche virtuose che consentano di raggiungere gli sfidanti obiettivi internazionali.

Articolo tratto da
Observatory on Sustainable Development – Report 2
Anno
2021
Lingua
Inglese