La qualità dell’aria interna, spesso abbreviata come “IAQ” dall’inglese “Indoor Air Quality”, è diventata un tema cruciale nel settore dell’ospitalità, soprattutto alla luce della pandemia di COVID-19 che ha messo in evidenza la necessità di dati accurati per poter prendere decisioni strategiche. La pandemia, infatti, ha avuto un impatto devastante sul settore, con una perdita stimata dell’80% dei ricavi turistici. Questo ha reso imperativo cominciare a pensare a nuovi approcci e processi per gestire le crisi e aumentare la resilienza.
Un recente studio, condotto dai docenti di Bologna Business School Prof. Sara Zanni, Matteo Mura e Mariolina Longo, insieme a Gabriella Motta e Davide Caiulo del Department of Research and Development, Planetwatch, SaS, St. Genis-Pouilly, France, ha esaminato in profondità questo aspetto, con l’obiettivo di proporre il primo framework completo per lo studio dell’IAQ nelle strutture ricettive. Un aspetto particolarmente rilevante, se si pensa che la cattiva qualità dell’aria è stata collegata a un aumento delle infezioni e dei decessi durante la pandemia. Anche in condizioni non pandemiche, comunque, l’inquinamento atmosferico è considerato responsabile di una perdita di aspettativa di vita paragonabile a quella causata dal fumo di tabacco.
Il framework sviluppato si basa sull’implementazione di una rete di sensori innovativi in diverse aree delle strutture, insieme all’applicazione di un set completo di analisi statistiche. Questo permette di informare la gestione su possibili problemi e misure applicabili. Il framework è stato poi testato in una struttura ricettiva in Italia e questo ha permesso di raccogliere dati su diversi parametri ambientali e di inquinamento dell’aria, con alta frequenza (intervalli di 5 minuti) per oltre sei mesi, esaminando sia i fattori endogeni che influenzano l’IAQ (come le attività umane, la pulizia standard, la disinfezione, la cottura e l’occupazione delle stanze, nonché il trattamento e la ventilazione dell’aria) sia quelli esogeni (come le condizioni esterne, il cambio delle stagioni e l’inquinamento atmosferico). Questo lavoro getta le basi per la progettazione di sistemi di gestione avanzati che possono ottimizzare le operazioni, promuovendo salute e sicurezza sia per gli ospiti sia per il personale. Un lavoro necessario, se si pensa che il tema della qualità dell’aria all’interno delle strutture ricettive è stato finora marginale, nonostante sia ampiamente dimostrato il suo impatto sulla percezione dei clienti in termini di qualità del sonno, recensioni online e pulizia delle strutture.
Il primo aspetto che emerge dallo studio è l’effetto delle variazioni stagionali sui composti organici volatili (VOC). L’analisi ha rilevato come vi sia una variazione disomogenea nelle diverse aree: un dato di fatto cruciale, poiché suggerisce che le strategie di gestione dell’IAQ devono essere adattate in base alla stagione e all’area specifica dell’hotel. Ad esempio, potrebbe essere necessario implementare sistemi di ventilazione più efficaci nel centro fitness durante i mesi estivi, quando l’uso di questa area è più elevato.
Un altro punto chiave dello studio è l’effetto dell’inquinamento esterno sull’IAQ. Utilizzando la correlazione di Pearson, i ricercatori hanno confrontato le concentrazioni di PM 2.5 all’interno dell’hotel con i dati pubblicati da ARPA Piemonte per la stazione di monitoraggio di Torino Lingotto. I risultati hanno mostrato una correlazione positiva tra l’inquinamento esterno e interno per quasi tutte le aree, ad eccezione delle camere degli ospiti. Questo è particolarmente rilevante per gli hotel situati in aree urbane ad alta densità di traffico, poiché suggerisce che l’IAQ è direttamente influenzata dall’ambiente circostante.
L’analisi ha anche esaminato l’effetto delle attività umane sull’IAQ. Ad esempio, le operazioni di pulizia hanno mostrato un impatto significativo sulla qualità dell’aria nel centro fitness. Questo è particolarmente preoccupante, dato che le persone che fanno esercizio fisico sono più vulnerabili agli effetti negativi dell’inquinamento atmosferico. Nel ristorante e nella cucina, i picchi di PM 2.5 erano strettamente correlati agli orari dei pasti, suggerendo che le attività di cottura sono una fonte significativa di inquinamento atmosferico interno.
Queste scoperte hanno diverse implicazioni pratiche per la gestione degli hotel. Ad esempio, potrebbe essere utile rivedere e aggiornare i protocolli di pulizia e ventilazione nelle aree più problematiche. Inoltre, fornire ai clienti informazioni trasparenti sull’IAQ potrebbe non solo migliorare la loro esperienza, ma anche servire come un vantaggio competitivo per la struttura. Dal punto di vista teorico, lo studio contribuisce alla crescente letteratura sull’importanza dell’IAQ nel settore dell’ospitalità, oltre a fornire un framework per futuri studi e sottolineare la necessità di ulteriori ricerche per esplorare come fattori come la stagionalità, l’inquinamento esterno e le attività umane interagiscono e influenzano la qualità dell’aria. Un altro aspetto degno di nota è l’effetto della pandemia di COVID-19: le misure di pulizia e disinfezione intensificate hanno avuto un impatto evidente sui livelli di VOC, soprattutto nel centro fitness. Questo solleva ulteriori interrogativi su come bilanciare la necessità di igiene con la necessità di mantenere una buona qualità dell’aria.
In conclusione, questo studio offre un quadro dettagliato e sfaccettato sulla qualità dell’aria interna in un ambiente alberghiero, fornendo spunti pratici e teorici. Inoltre, sottolinea l’importanza di un monitoraggio continuo e di un approccio proattivo alla gestione dell’IAQ, soprattutto in un’epoca in cui la qualità dell’aria è sempre più al centro dell’attenzione pubblica. Per quanto riguarda le future linee di ricerca, sarebbe interessante esplorare l’effetto di diverse strategie di gestione della qualità dell’aria sull’esperienza del cliente e sul rendimento economico dell’hotel.