La crisi del COVID-19 ha messo il mondo del commercio al dettaglio davanti a un dilemma che era già presente prima della pandemia, ma che è stato reso molto più pressante dagli eventi.
Come può rispondere un grande retailer, dotato di vasti spazi espositivi e di vendita, e che tra l’altro ha sempre fatto del confronto personale fra iI consulente di vendita e il cliente uno dei suoi punti di forza, nel momento in cui questi spazi vengono chiusi per settimane, se non per mesi, e l’incontro diretto con cliente viene meno?
Il gruppo Unieuro, uno dei più grossi distributori retail di elettronica di consumo in Italia, originato da diverse operazioni di M&A nel corso degli anni, fattura attualmente circa 2,45 miliardi di euro, ha circa 500 punti vendita e 5mila dipendenti. Prima della pandemia, la percentuale delle sue vendite online era del 10% circa. Durante la pandemia (secondo dati raccolti con la crisi ancora in corso), questa percentuale è balzata al 50%. Con la pandemia e i punti vendita chiusi per lunghi periodi o accessibili dalla clientela solo per intervalli relativamente brevi, il gruppo si è trovato di fronte al dilemma strategico se puntare ancor di più sulle vendite online o ritornare a una strategia che privilegia quelle offline una volta che la pandemia sia passata. Qual è il “new normal” post-Covid-19 per un retailer di queste caratteristiche e di questa taglia?
In pieno lockdown, il CEO di lunga data di Unieuro, Giancarlo Nicosanti Monterastelli, convoca una riunione con due dei suoi più stretti collaboratori nel top management del gruppo e due consulenti esterni che conoscono da vicino la realtà del gruppo.
Le posizioni dei partecipanti si schierano sostanzialmente su due fronti opposti, presentando pro e contro delle diverse soluzioni. Alla fine, viene lasciata di proposito una porta aperta sulla decisione strategica finale, salvo il riconoscimento da parte di tutti della necessità di abbracciare un modello multicanale o omnicanale ed evitare la cannibalizzazione di un canale da parte dell’altro. Recentemente, Unieuro ha inoltre iniziato a battere una strada diversa, avviando l’esperienza di una ventina di shop-in-shop, quindi propri spazi commerciali all’interno di realtà più grandi (ipermercati) gestiti da altri. Nel corso della riunione, lo stesso CEO fornisce più uno stimolo alla discussione che una sintesi ultimativa, evitando di presentare agli interlocutori all’inizio della discussione una soluzione preconfezionata.
Ma come si è sviluppato allora il dialogo fra i vertici di Unieuro e i consulenti?
Da un lato, è emerso che il trasferimento ancora più marcato verso le vendite online evidenzierebbe alcuni problemi di digitalizzazione non ancora ottimale del gruppo (oltre al fatto che l’Italia è in ritardo rispetto ad altri Paesi nell’e-commerce anche dopo il balzo post-pandemico), ne sottoutilizzerebbe l’expertise del personale nel servizio di persona alla clientela e mancherebbe di sfruttare il fatto che in negozio i clienti tendono a spendere di più che online e apprezzano di più l’esperienza dell’acquisto. Dall’altro, la vendita fisica espone il gruppo a costi molto più alti (affitti, personale, etc.), soprattutto a fronte dei concorrenti puramente online, come Amazon, e impedisce di sfruttare appieno la potenzialità dei data analytics, considerati decisivi per gli sviluppi futuri del gruppo. Fra le altre ipotesi, la discussione ha fatto trapelare anche la possibilità di differenziare per età il target dei clienti.
Tre gli approcci considerati dalla riunione al vertice di Unieuro, che possono anche essere considerati in modo complementare. Il primo, che può essere utilizzato anche in tempi “normali”, esamina l’equilibrio fra vendite online e offline, ne esamina punti di forza e di debolezza utilizzando metriche di performance e identifica le azioni da intraprendere per integrare maggiormente i due canali, evitando la cannibalizzazione dell’uno sull’altro. Il secondo considera uno scenario più difficile, come quello presentato dalla pandemia, e parte dal presupposto che non si possano facilmente segmentare i clienti fra online e offline. Il terzo integra i due precedenti, ma tende a focalizzarsi sulle possibilità del digital marketing e sulla customer experience. Le tre strade, è stata la valutazione conclusiva, possono anche essere percorse in successione. Se può sembrare una conclusione un po’ salomonica, che contraddice il decisionismo che ci aspettiamo dai grandi manager, in fondo non fa che confermare la vecchia battuta: “Quando arrivi a un bivio sul tuo cammino, prendilo!”.