La transizione verso la sostenibilità passa anche dalle piccole e medie imprese.
Arti Grafiche Reggiani, una piccola impresa bolognese, fondata nel 1967 e oggi guidata dalla seconda generazione di imprenditori, che opera nel packaging dei prodotti di largo consumo, ha riprogettato una confezione per prodotti alimentari, che in precedenza era dotata di una linguetta in plastica richiudibile, in modo da escludere la plastica dall’elemento di chiusura. Ora, la funzione di apertura e chiusura multipla della confezione viene assicurata da un sistema a incastro in carta che diventa parte integrante dell’involucro.
Una piccola cosa? Certo, ma confrontando le due soluzioni, l’impatto generato da quella innovativa, battezzata (e brevettata) Eco-Logiko, porta da un lato a una maggiore riciclabilità, grazie all’uso di un prodotto monomateriale, e dall’altro a una migliore impilabilità, che a sua volta riduce le emissioni per unità di prodotto trasportato. E il risultato è che con il nuovo design si ha un impatto positivo sull’ambiente misurabile e rilevante, considerando la produzione media di confezioni riservate a un cliente medio della grande distribuzione. L’approccio sistemico al ciclo di vita del packaging diventa quindi fondamentale per ridurne l’impatto ambientale: in questo caso evitando l’impiego di plastiche e riprogettando seguendo i criteri di eco-design.
Il calcolo dell’impatto ambientale della nuova soluzione è stato eseguito applicando la metodologia di Life Cycle Assessment (LCA). Eco-design e LCA sono stati utilizzati simultaneamente per testare e validare il processo di redesign. E alle Arti Grafiche Reggiani stanno già lavorando all’ulteriore sviluppo dell’idea per garantire una maggiore sostenibilità della soluzione. Intanto, l’azienda di Ozzano è stata premiata con una menzione speciale dall’iniziativa ER.RSI Innovatori Responsabili della Regione Emilia-Romagna ed è stata finalista, con Eco-Logiko, per l’”oscar del packaging” 2022.
La circolarità diventa poi un’urgenza ancor più pressante in una fase come questa di forti aumenti dei costi delle materie prime. Per il packaging acquista maggior rilevanza, a causa della crescente consapevolezza dei consumatori sui prodotti monouso e della presenza di microplastiche nell’ecosistema marino, della commercializzazione di packaging sempre più complessi e difficili da riciclare nonché della ecomodulazione del contributo ambientale, non più basato solo ed esclusivamente sulle tonnellate di prodotti immessi sul mercato ma anche sul loro livello di riciclabilità.
Il caso Reggiani mostra come il coinvolgimento delle piccole imprese è non solo utile, ma indispensabile in un’economia come quella italiana, la cui struttura si regge sulle PMI: queste rappresentano infatti il 99% del totale delle aziende e sono responsabili del 41% del fatturato, del 33% degli occupati del settore privato e del 38% del valore aggiunto del Paese. Le PMI possono inoltre, come dimostrano le Arti Grafiche Reggiani, agire sull’innovazione tecnica di prodotto, che appare di più facile realizzazione rispetto alla strada battuta con maggior insistenza finora, quella di cercare di cambiare le abitudini dei consumatori.
Nel loro percorso verso l’economia circolare, le PMI si confrontano però con un contesto di normative frammentate e processi autorizzativi lunghi e labirintici, contesto che ovviamente, soprattutto per le imprese di più piccole dimensioni, è difficile da navigare e finisce per scoraggiare o rendere più rischiosi gli investimenti, come sostengono le ricercatrici del Centro per la sostenibilità e i cambiamenti climatici di BBS[1].
Anche dal punto di vista regolamentare, tuttavia, ci si rende conto dell’importanza di incentivare la riprogettazione degli imballaggi, sia rigidi sia flessibili, per renderli più riciclabili. La direttiva europea Single-Use Plastics del 2019, che punta a ridurre l’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente, ha introdotto il divieto di immissione sul mercato di una serie di prodotti di plastica monouso e dei prodotti di plastica oxo-degradabile. In questo modo si incentivano modelli di business innovativi basati sul riuso e che estendono la responsabilità al consumatore, oltre che al produttore e al riciclatore. Per le imprese, questo significa che chi adotta il pensiero circolare garantisce meglio il posizionamento nel lungo termine, ma è anche in condizione di affrontare, nel breve termine, la sopravvivenza messa in discussione dalla scarsità delle materie prime. Si tratta di un tema emerso in tutta evidenza di recente, in un contesto internazionale che ha messo in crisi le supply chains lunghe e complesse. In chiave strategica, il superamento di questa situazione può venire proprio dalla capacità di riprogettare prodotti, processi e servizi in ottica circolare.
La possibilità di creare valore dai rifiuti o di innescare modelli di business virtuosi è possibile, tuttavia, solo attraverso uno sforzo collettivo e una visione sistemica in cui si tenga conto delle implicazioni normative, tecniche e di mercato del contesto in cui si opera. È indispensabile quindi anche per le PMI guardare oltre i confini aziendali, nella progettazione, nella gestione, nell’analisi ambientale per poi creare valore in una filiera sempre più locale. Solo così, piccolo può essere bello e al tempo stesso circolare e sostenibile.