Il Covid-19 rappresenta per molte imprese un drammatico spartiacque, tra le aziende sane e vive e quelle in difficoltà e a rischio di scomparire, tra quelle veloci e quelle lente, tra quelle che ripartiranno bene e quelle che stenteranno.
Questo avviene perché lo stesso Covid-19 rappresenta per le strategie e le attività di marketing un acceleratore di alcuni divari strutturali già preesistenti, in particolare tra le imprese con una forte marketing-orientation e quelle che ne sono prive o ne hanno meno. Probabilmente, perché il marketing supporti la ripresa post-Covid, alcune imprese dovranno accelerare molto su alcuni fronti strategici.
Ma serve davvero un nuovo marketing per la ripresa post-Covid? O piuttosto serve accelerare su alcune direttrici di sviluppo di successo già risultate vincenti nel contesto pre-Covid?
La drammatica emergenza sanitaria non è sfortunatamente l’unica crisi che abbiamo vissuto nei primi 20 anni del ventunesimo secolo, che sono iniziati con il dramma delle Torri Gemelle e che hanno visto succedersi continui sconvolgimenti: dagli attacchi terroristici in Europa alle emergenze economiche e valutarie, passando per la crisi del 2008.
Si dice, in generale, che nel mondo attuale “l’unica certezza è l’incertezza”. Questa affermazione ha senz’altro più di un fondo di verità e alcune evidenze empiriche a supporto. Un rischio, tuttavia, di fronte a troppa incertezza, è quello di assumere una prospettiva “gattopardesca”, in cui, per citare le parole senza tempo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. In sintesi, il rischio è che alcune imprese tornino al marketing post-Covid con lo stesso approccio del marketing pre-Covid, ignorando lo spartiacque rappresentato da Covid-19 ad una semplice emergenza sanitaria, auspicabilmente rientrata.
Cosa può fare il marketing per favorire la ripartenza? Può fornire alcune certezze, o almeno qualche riferimento, evidenziando i punti fermi e poi le necessità di cambiamento e di accelerazione. Due, in particolare, sembrano essere i punti fermi: la centralità del valore per il cliente come faro e stella polare del processo di creazione del valore e le relazioni con i clienti, come capitale relazionale fondamentale per ogni impresa.
Il Covid-19 ha evidenziato alcuni elementi di accelerazione su cui le imprese devono puntare per evitare di restare strutturalmente arretrate nelle loro posizioni competitive. Tra questi sottolineo:
1. La centralità del valore del brand, che sintetizza e trasferisce ai clienti i valori solidi dell’impresa, una vision e una mission strutturate, un orientamento di lungo periodo alla società e agli stakeholder e non solo al profitto di breve periodo. Si pensi, per tutti, a questo riguardo, all’eccezionale sforzo prodotto da Giorgio Armani in prima persona e dalla sua azienda. Armani non ha solo convertito in breve la produzione dell’azienda nella fornitura di mascherine e camici per l’emergenza sanitaria, ma ha promosso una più generale riflessione dell’intero mondo della moda e non solo in merito alla sostenibilità dei modelli di business pre-emergenza. Nell’era del Covid-19 e del post-Covid, probabilmente, c’è spazio solo per quelle imprese che hanno valore e valori, che hanno davvero qualcosa da dire e da dare ai loro clienti, una value proposition solida, una strategia strutturata che travalichi le emergenze;
2. Una solida marketing orientation, un orientamento al lungo periodo e una forte resilienza. Parafrasando una citazione che molto ha fatto discutere e trasferendola all’ambito economico aziendale e del marketing, “ i clienti non dimenticano e se ne ricorderanno”. I clienti infatti “sentono” e danno valore all’azienda che è loro vicina nei momenti di difficoltà, che alza e non abbassa i livelli di servizio, che aggiunge valore, che non tocca i prezzi, che non si tira indietro. Una nota azienda sportiva in Germania, alcuni giorni dopo il lockdown, ha trovato in alcuni suoi contratti di affitto un cavillo giuridico che le consentiva di recedere dal pagamento dell’affitt. Dopo qualche giorno, la reazione mediatica a questa mossa l’ha convinta a fare marcia indietro, proprio perché i clienti rischiavano di ricordarsene;
3. Una competizione sistematica sul valore e non sul prezzo. Come evidenzia la teoria e la prassi della strategia e del marketing di impresa, le guerre di prezzo vanno sistematicamente evitate, perché si concludono con numerosi sconfitti (tutte le imprese che vi partecipano) e, forse, con un unico vincitore, il cliente. Devono, invece, essere sostituite sempre dalla competizione sul valore; anche in situazioni di forte crisi, l’abbassamento del prezzo è fortemente sconsigliato, mentre il potenziamento sistematico della value proposition è l’opzione vincente. I migliori retailer in tempo di lockdown hanno subito comunicato ai loro clienti il blocco dei prezzi fino almeno all’estate ed il contemporaneo innalzamento dei livelli di servizio, tramite campagne istituzionali che ne sottolineavano i valori;
4. Un rafforzamento delle strategie multi ed omnicanale delle imprese, con un trend strutturale di potenziamento e crescita del commercio elettronico. L’emergenza Covid-19 e le restrizioni sanitarie hanno fatto definitivamente crollare le barriere dei clienti all’adozione di modalità di interazione digitali con le imprese e all’acquisto online. Amazon e altri player di settore hanno sperimentato crescenti livelli di ordini e di fatturato. Il crollo delle barriere del cliente verso l’adozione di nuovi prodotti o tecnologie è un classico nella letteratura di marketing, strategico per la diffusione dell’innovazione e costituisce generalmente una grande opportunità per le imprese.
Le notizie disponibili su questo trend sono numerosissime; basti ricordare che da qualche mese alcuni pensionati, che forse in assenza di Covid-19 non avrebbero mai scaricato in vita loro una app né acquistato online, ora acquistano medicine con prescrizioni ricevute via WhatsApp dal medico o prenotano online dei servizi. Di conseguenza le imprese, dalle più tradizionali alle più innovative, hanno l’opportunità, ma anche la necessità, di accelerare sulla costruzione di strategie ed assetti multi ed omnicanale, per sfruttare tutti i possibili touchpoint della relazione con i clienti, in una prospettiva ibrida, mix di on e offline. Non dimentichiamo l’insegnamento senza tempo del prof. Vijay Mahajan, che al termine della prima ondata di diffusione di Internet e del fallimento di alcuni pure players, ricordava che il consumatore è centauro, ossia un mix inestricabile di online ed offline, cosi come il mitico essere mitologico è contemporaneamente uomo e cavallo. Da qui, la necessità conseguente per le imprese di sviluppare un approccio ibrido e multicanale.
5. Il rinnovato ruolo strategico della logistica e del customer service. Con l’aumentare delle interazioni e delle transazioni online tra le imprese e i clienti, anche la logistica assume un ruolo sempre più strategico, per poter supportare il business e garantire il raggiungimento dei service level agreements. Allo stesso modo nel post-acquisto, il customer service rappresenta un fondamentale elemento di differenziazione e fidelizzazione, anche alla luce del rafforzamento del canale e-commerce.
6. La centralità dei dati e delle strategie di segmentazione. Il rafforzamento delle interazioni e degli acquisti online porta ad un (potenziale) incremento della quantità di dati disponibili, che, se opportunamente sfruttati, possono favorire strategie di segmentazione e personalizzazione dell’offerta. In una logica ibrida e di integrazione tra on e off-line, l’attenzione al dato si integra però con un customer insight ed un customer understanding che non può che avere uno human touch e deriva da una relazione one to one del cliente. Più in generale, anche al netto dell’innegabile incremento delle attività online, le restrizioni imposte dal Covid-19 hanno evidenziato alle imprese come, anche dopo le emergenze sanitarie, il trattamento differenziato di alcuni clienti possa facilitare le operations aziendali e in alcuni casi il rafforzamento delle relazioni con la clientela e la sua fedeltà. Si pensi alle file differenziate per anziani nei supermercati, all’accesso agevolato al personale sanitario, alle consegne in base al grado di urgenza e così via.
7. Una comunicazione ancora più integrata, che mixi i canali tradizionali con il crescente ruolo del digital e social media marketing. É innegabile, nel corso del lockdown, un incremento dell’utilizzo di social media marketing da parte delle imprese, che, alla luce della caduta delle barriere cliente all’adozione di nuove tecnologie, può diventare strutturale e non solo congiunturale. Da qui la necessità per molte aziende di integrare maggiormente la comunicazione tradizionale con quella digitale e sui social media.
8. Una nuova centralità dell’esperienza di acquisto. Nelle settimane centrali e più drammatiche dell’emergenza Covid, qualcuno potrebbe anche aver pensato alla necessità di cancellare dai manuali più diffusi di Strategia di Impresa e di Marketing e dai syllabi dei corsi delle Business School e Università i capitoli e le lezioni relative al marketing ed allo shopping esperienziale e al solution marketing. L’esperienza principale di acquisto per il consumatore era una fila chilometrica fuori dai punti di vendita con mascherina, guanti e gel disinfettante, con la voglia di rientrare a casa al più presto e il timore di sentire uno starnuto o un colpo di tosse. Anche i decreti governativi in giro per l’Europa a vario titolo parlavano di “prodotti e produzioni essenziali”, “servizi indispensabili”, e cosi via. L’esperienza di acquisto e di consumo sembrava essere scomparsa. Nel marketing del post-Covid si tratta di ricostruirla, tenendo conto delle necessità di sicurezza che probabilmente non scompariranno a breve, ma anzi inseriranno la sicurezza tra i driver di esperienza.
In sintesi, pertanto, dalle considerazioni sviluppate, emerge che il post-Covid sia grande divisore tra diverse tipologie di aziende e che tech and human coesistono nell’accelerazione della ripartenza.
Provocatoriamente abbiamo implicitamente sostenuto che non serve un nuovo marketing per la ripresa, almeno nei suoi principles, ma una sua rinnovata applicazione al nuovo contesto, con la necessità per le imprese di far leva sugli acceleratori, pena il rischio di restare strutturalmente indietro. Per le imprese migliori, invece, si delinea la possibilità di continuare a fare ancora meglio quello che già facevano prima, premendo ulteriormente sulle aree di potenziamento del valore e delle relazioni, adattandole al nuovo contesto.