Esiste, in senso figurato, una produzione di cibo che si estende su un’area poco più grande della Cina. Si tratta, in realtà, della porzione di produzione alimentare globale che ogni anno va sprecata, la quale ammonta ad un 33-50% del totale, pari a 300 chili per capita. Un’inefficienza del mercato che non esiste in altri settori e che riguarda tutte le fasi del ciclo produttivo, dal raccolto alla distribuzione, fino ad arrivare al punto cruciale, le nostre case. Oltre a causare un’insensata pressione sulle risorse naturali, lo spreco alimentare rappresenta un significativo problema etico che riguarda la capacità della società moderna di redistribuire equamente le risorse anche tra i 795 milioni di persone che nel mondo ancora soffrono la fame. Organizzazioni internazionali, governi, NGO, nomi di rilievo nel comparto food e startup innovative si stanno mobilitando per progettare e attuare strategie alimentari più efficaci. E a scendere in campo è anche la tecnologia.
Il Food Sustainability Index, l’indice sviluppato dall’Economist Intelligence Unit in collaborazione con il Barilla Center for Food & Nutrition, assegna all’Italia il settimo posto tra i 34 paesi che rappresentano l’87% del PIL globale, nonché il 60% della popolazione mondiale. Secondo l’indice, il nostro paese eccelle soprattutto nella categoria agricoltura sostenibile, uno dei tre pilastri della ricerca accanto alla nutrizione e allo spreco. Incoraggianti sono inoltre i dati forniti il 5 febbraio scorso, Giornata nazionale contro lo spreco alimentare, dal Ministero delle Politiche Agricole: ad un anno e mezzo dall’entrata in vigore della norma a favore del recupero degli alimenti a breve e lunga conservazione, in Italia si è registrato un 20% in più di donazioni ai banchi alimentari, i quali hanno a loro volta aiutato oltre un milione e mezzo di persone in difficoltà.
La lotta allo spreco comincia però già dall’educazione, quella civica di singoli e famiglie e quella professionale dei futuri manager e imprenditori del settore food. “L’Italia rappresenta un altissimo standard qualitativo riconosciuto a livello globale nella produzione alimentare, ma sono tante le realtà che stanno nascendo nel nostro Paese rivolte a combattere lo spreco” afferma Ludovica Leone, Direttore Scientifico del Global MBA in Food and Wine di BBS. “Qui alla Bologna Business School gli studenti assaporano l’esperienza italiana nel campo del food & wine confrontandosi personalmente con numerosi esempi d’eccellenza che hanno reso il “Made in Italy” famoso davanti a tutto il mondo. Inoltre, BBS si impegna costantemente per avvicinare il più possibile i propri studenti ai temi dell’etica e della sostenibilità nel campo alimentare per conferire loro le capacità necessarie per gestire al meglio le sfide poste oggi dal campo dell’enogastronomia.”
Questo è anche il senso di Food for Soul, l’associazione fondata da Massimo Bottura – chef e proprietario del ristorante Osteria Francescana di Modena, tre stelle Michelin e numero due nella classifica dei 50 Best restaurants of the world – e sua moglie Lara Gilmore, che vedrà impegnati gli attuali studenti del Global MBA Food and Wine di BBS nella definizione di un piano di crescita sostenibile e consapevolezza territoriale per il progetto ‘Social Tables Ghirlandina’ di Modena. “Ogni anno, durante il corso Business Development Lab, i nostri studenti si confrontano con un progetto proposto da una realtà dell’industria agroalimentare. La collaborazione con Food for Soul permetterà loro di comprendere come sviluppare, attraverso la collaborazione con partner locali sia pubblici che privati, iniziative sostenibili per combattere lo spreco alimentare e supportare l’inclusione sociale anche attraverso la sensibilizzazione al bello,” aggiunge Ludovica Leone. I refettori oggi sono attivi in Italia a Milano, primo esperimento in assoluto nato in occasione di Expo 2015, a Bologna e Modena e all’estero a Rio de Janeiro, refettorio realizzato in occasione delle Olimpiadi del 2016, Londra, e da pochi giorni è stato inaugurato il Refettorio di Parigi.
Oltre alle iniziative di sensibilizzazione e di pianificazione strategica dell’utilizzo delle risorse, sono numerose anche le nuove tecnologie schierate sul fronte del food waste. Si parte dalle app capaci di organizzare la nostra spesa quotidiana e il consumo dei prodotti freschi presenti in casa, per arrivare all’Information Technology in senso lato, utile per tenere traccia del cibo durante tutte le diverse tappe della filiera. Lo spreco, infatti, è imputabile solo al 2% alla grande distribuzione, mentre il resto viene suddiviso a metà tra le famiglie e il circuito produttivo. Lo spreco alimentare colpisce l’immaginario collettivo soprattutto per la disuguaglianza nella distribuzione delle risorse, ma va compresa appieno anche la portata del suo impatto sull’ambiente. La generazione di nuovi pascoli e campi coltivabili comporta la deforestazione, la messa a rischio di specie animali e di interi ecosistemi, lo spostamento di popolazioni indigene e l’impoverimento del suolo. L’acqua, necessaria per produrre il cibo che non arriverà mai sulle nostre tavole, conta per il 25% delle risorse idriche consumate nel mondo. Il cibo indesiderato costa inoltre all’industria alimentare circa 13 miliardi di dollari all’anno in fase di smaltimento. È così che anche molte industrie del comparto alimentare sempre di più implementano politiche sostenibili da una maggiore attenzione al ciclo produttivo e alla generazione di sprechi, alla logistica e distribuzione fino alle pratiche di riciclo.
Il cibo è passione, cultura, identità e condivisione. Per invertire la rotta e attuare un’efficace strategia contro lo spreco, è necessario comprenderne le cause in ogni singola fase della filiera produttiva e coinvolgere gli attori responsabili nella correzione degli schemi esistenti a partire dai consumatori.