Conciliare vita lavorativa e vita privata (i.e. work-life balance) rappresenta un obiettivo importante nella vita di tutti i lavoratori, ed in special modo di quelli afferenti alle nuove generazioni. Una questione spesso dibattuta tra esperti ed addetti ai lavori riguarda la pertinenza e la suddivisione di responsabilità in materia di work-life balance tra individuo ed azienda.
La visione nordamericana attribuisce completa pertinenza e responsabilità in materia all’individuo, unico agente in grado di agire per poter conseguire il livello di work-life balance preferito, in relazione alla propria situazione personale e familiare, alle proprie preferenze ed alle proprie aspirazioni di carriera.
A questa visione individualista, si contrappone la visione europea che attribuisce maggior importanza alle istituzioni governative ed alle organizzazioni. Secondo tale visione le istituzioni e le aziende, con le proprie scelte in materia di flessibilità ed orari/carichi di lavoro e soprattutto con la propria cultura, incidono pesantemente sulle scelte di conciliazione dei singoli cittadini/lavoratori, favorendo o impedendo il conseguimento di un buon livello di work-life balance.
Un esempio è quello di numerose donne-madri che preferiscono rimanere a casa e prendersi cura dei propri figli perché l’elevato costo degli asili nido e/o la presenza di una cultura organizzativa ‘fantozziana’ che valuta la presenza in ufficio fino a tarda sera o la possibilità di sacrificarsi lavorando nel weekend quali unici elementi di lealtà e valore per l’azienda, rende più conveniente questa scelta rispetto alla possibilità di avere un impiego (con importanti ma non immediatamente valutabili ripercussioni negative per le madri confinate tra le propria mura domestiche ed i bambini che gioverebbero da una presenza al nido).
Come sempre in medio stat virtus e per i futuri Direttori HR, “managing boundaries” rappresenta un’importante capacità che il Master in Human Resources and Organization di Bologna Business School intende formare. Perché se è vero che da un lato i lavoratori contemporanei devono imparare a proteggere sé stessi e le proprie famiglie dalle continue intrusioni lavorative in orario di non-lavoro (tema assai rilevante oggi a causa delle nuove tecnologie), è altrettanto vero che la cultura nazionale ed in special modo la cultura organizzativa giocano un ruolo chiave.
Ad esempio, è stato ampiamente dimostrato che in presenza di una cultura di tipo ‘presenzialista’ e l’assenza di un capo comprensivo ed attento ai bisogni di conciliazione dei propri collaboratori, le politiche di flessibilità e telelavoro predisposte dalla Direzione HR non hanno alcuna efficacia. I lavoratori, infatti, per paura di essere giudicati dal proprio capo o dai propri colleghi come ‘poco devoti’ alla causa lavorativa e ‘distratti’ dalle vicende personali, preferiscono spesso sacrificare la propria sfera familiare.
Gabriele Morandin, Direttore del Master in Human Resources and Organization, Bologna Business School e Professore di Organizzazione Aziendale, Università di Bologna
Marcello Russo, Ricercatore di Organizzazione Aziendale, Università di Bologna
Cross-Cultural Analysis of Work-Life Balance
Per esaminare maggiormente questo aspetto, ed individuare delle soluzioni che possano aiutare individui, aziende e società ad una maggiore e più consapevole partecipazione nei tempi di lavoro e non-lavoro, è attualmente in corso una ricerca internazionale, condotta in 30 paesi, finalizzata ad indagare come il peso della cultura nazionale ed organizzativa incidano sulle scelte di conciliazione dei lavoratori.
L’Università di Bologna, attraverso i suoi docenti Gabriele Morandin e Marcello Russo che coordinano il progetto, è stata scelta per rappresentare l’Italia in questa importante ricerca e, chiunque volesse partecipare ed abbia i requisiti richiesti (i.e. essere lavoratori dipendenti con almeno un figlio a carico), può farlo al seguente link: Cross-Cultural Analysis of Work-Life Balance Project